di Patrizia Neroni
ACQUAVIVA PICENA – Si è svolto ad Acquaviva Picena, nella chiesa parrocchiale di San Niccolò, il Rito Religioso delle Esequie per don Elio Gaetani, amatissimo e indimenticabile sacerdote che ha lasciato un grande vuoto in tutto il suo paese natio e dove, con la sua generosità, è riuscito ad arrivare. I suoi modi garbati e pieni di dolcezza, la sua serenità, il suo portamento d’altri tempi rimarranno sempre e soprattutto nel cuore delle sorelle Eurosia e Maria, delle nipoti Gabriella, Maristella e Altea, di Flora che con amore di madre non lo ha mai abbandonato, di don Gianni Anelli che gli è stato molto vicino e della signora Idalia. Don Elio è ricordato anche per il suo grande amore per il canto e anche per essere stato un bravo organista.
La Celebrazione Eucaristica è stata presieduta da Sua Eccellenza Mons. Carlo Bresciani vescovo di San Benedetto del Tronto-Ripatransone- Montalto, concelebrata dal vescovo emerito Sua Eccellenza Mons. Gervasio Gestori, dal vicario Generale don Romualdo Scarponi, dal parroco di Acquaviva Picena don Alfredo Rosati e con l’assistenza del cerimoniere Walter Gandolfi e del diacono permanente Giovanni Bettoni, moltissimi i sacerdoti e i religiosi, della diocesi Truentina, che hanno partecipato alle Esequie. Nell’omelia Mons. Bresciani ha espresso vivi sentimenti di gratitudine per don Elio: “In questo momento nel quale diamo l’ultimo saluto a don Elio la prima cosa che ritengo più importante è ringraziare il Signore per il dono di questo sacerdote. Donandoci don Elio ci ha dimostrato che Egli ci ama.
Nel sacerdote, infatti, vediamo l’Amore di Dio per una Comunità, per la Chiesa sposa di Cristo.
Arrivato a 93 anni (era nato nel 1923) e al sacerdozio a una insolita tarda età (a 72 anni) dopo tante peripezie che solo lui avrebbe potuto raccontare ma che mi pare di capire che abbia riservato per il suo personale e intimo rapporto con Dio: chiaro esempio di una fede non di facciata.
Credo che per cercare di capire qualcosa della sua vita, che solo Dio può giudicare e che solo a Lui possiamo affidarlo in una preghiera affettuosa, non ci si possa, come ci ha detto il Vangelo che abbiamo letto, fermarsi alle apparenze: bisognerebbe, invece, poter andare fino in fondo alle motivazioni che l’hanno ispirata. Forse per questo a lui piaceva molto il brano della prima lettera di san Giovanni che esorta all’amore reciproco e che, proprio perché a lui piaceva molto e lo ripeteva volentieri a memoria, abbiamo scelto come prima lettura. Nella sua vita ha potuto constatare di persona quanto possa essere impegnativo un amore come quello che descrive san Giovanni, e lui l’ha saputo vivere in silenzio e con obbedienza, anche quando non è stato capito.
L’amore e la carità hanno ispirato e forgiato davvero la sua vita e l’hanno preparato a vivere l’ultima grande prova della malattia con quella serenità che ognuno poteva respirare entrando nella sua cameretta. In questo don Elio può essere di esempio a tutti noi: un esempio di obbedienza e di amore alla Chiesa e ai fratelli che può ben suggerirci come vivere concretamente questo Giubileo della misericordia che papa Francesco ci ha donato.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato vediamo che non entrerà nel Regno dei Cieli chi grida: “Signore, Signore”, ma chi fa la volontà del Padre. La volontà del Signore non si dimostra con le parole ma con i fatti concreti di ogni giorno, con la propria vita. Nella vita di don Elio vediamo il suo grande amore per la Chiesa, lo vediamo nelle tante incomprensioni che ha vissuto in silenzio e con serenità, sempre e comunque orientato verso il suo desiderio di diventare sacerdote. Una vita che non gli ha risparmiato tante sofferenze, soprattutto in questi ultimi anni in cui non era più autosufficiente, sofferenze sempre accettate con obbedienza e serenità, uno stile di vita il suo di chi si affida completamente a Dio.
Don Elio è stato inoltre un sacerdote di grande generosità: la porta di casa sua era aperta a tutti e tanta prodigalità l’ha dimostrata anche per l’Istituto Santa Gemma Galgani molto amato dai sanbenedettesi. La sua è stata una vita fondata sulla roccia. Noi tutti dobbiamo fare tesoro dei buoni esempi come quello che è stato don Elio e seguirli: non dobbiamo fondare, infatti, la nostra vita sui cattivi esempi, per lo più inutili, che ogni giorno ci vengono presentati. Quando muore un sacerdote spesse volte viene dimenticato e insieme a lui si dimentica troppo in fretta tutto il bene che ci ha dimostrato, tutti i suoi sacrifici per la comunità. E’ doveroso. Invece, continuare a pregare per lui anche quando non c’è più perché i sacerdoti sono doni che il Signore fa a noi.
In questo momento nel quale diamo l’ultimo saluto a don Elio la prima cosa che ritengo più importante da fare è ringraziare il Signore per il dono di questo sacerdote. Donandoci don Elio ci ha dimostrato che Egli ci ama, perché ogni sacerdote è un grande dono di Dio alla Chiesa e a tutti noi. Nel sacerdote, infatti, vediamo l’Amore di Dio per una Comunità, per la Chiesa sposa di Cristo. Il dolore per la sua morte non deve farci dimenticare il dono che Dio ci ha fatto.
Don Elio è arrivato all’età di 93 anni (era nato nel 1923) ed è giunto al sacerdozio a una insolita tarda età (a 72 anni) dopo tante peripezie che solo lui avrebbe potuto raccontare ma che mi pare di capire abbia riservato per il suo personale e intimo rapporto con Dio: chiaro esempio di una fede non di facciata, ma vissuta intensamente anche nelle molte difficoltà.
Credo che per cercare di capire qualcosa della sua vita, che solo Dio può giudicare e che noi solo a Lui possiamo affidare in una preghiera affettuosa, non ci si possa, come ci ha detto il Vangelo che abbiamo letto, fermarsi alle apparenze: bisognerebbe, invece, poter andare fino in fondo alle motivazioni che l’hanno ispirata. Ma solo Dio legge nel cuore dell’uomo. Forse per questo a lui piaceva molto il brano della prima lettera di san Giovanni che esorta all’amore reciproco e che, proprio perché a lui piaceva molto e lo ripeteva volentieri a memoria, l’abbiamo scelto come prima lettura di questa celebrazione eucaristica. Nella sua vita egli ha potuto constatare di persona quanto possa essere impegnativo un amore come quello che descrive san Giovanni, e lui l’ha saputo vivere in silenzio e nell’obbedienza, anche quando non è stato capito.
L’amore e la carità operosa hanno ispirato e forgiato davvero la sua vita e hanno preparato lui a vivere l’ultima grande prova della malattia con quella serenità che ognuno poteva respirare entrando nella sua cameretta. In questo don Elio può essere di esempio a tutti noi: un esempio di obbedienza e di amore alla Chiesa e ai fratelli che può ben suggerirci come vivere concretamente questo Giubileo della misericordia che papa Francesco ci ha donato.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato ci viene detto che non entrerà nel Regno dei Cieli chi grida: “Signore, Signore”, ma chi fa la volontà del Padre. La volontà del Signore non si dimostra con la moltiplicazione delle parole (magari anche belle), ma con i fatti concreti di ogni giorno, con la propria vita. Nella vita di don Elio noi possiamo constatare il suo grande amore per la Chiesa, lo vediamo nelle tante incomprensioni che ha saputo vivere in silenzio e con serenità, non senza sofferenza interiore, ma sempre e comunque orientato verso il suo desiderio di diventare sacerdote (che ha avuto la gioia di realizzare solo a tarda età) e sempre obbediente a quanto la Chiesa gli chiedeva. Una vita che non gli ha risparmiato tante sofferenze, soprattutto in questi ultimi anni in cui non era più autosufficiente, sofferenze sempre accettate con abbandono a Dio e serenità, uno stile di vita il suo che è proprio di chi si affida completamente a Dio e alla sua volontà.
Don Elio è stato inoltre un sacerdote di grande generosità: la porta di casa sua era aperta a tutti e tanta prodigalità l’ha dimostrata anche per l’Istituto Santa Gemma Galgani molto amato dai sanbenedettesi. Sono personalmente a conoscenza di grandi gesti di carità, fatti in silenzio, chiedendo ai beneficiari che rimanessero nel segreto. Voleva morire povero e presentarsi così davanti al Padre eterno: è morto povero, immobile a letto e cieco, con notevoli difficoltà anche a parlare, consapevole della sua situazione, ma sereno e con parole di gratitudine a chi lo visitava.
La sua è stata una vita fondata sulla roccia. Noi tutti dobbiamo fare tesoro dei buoni esempi che don Elio ci ha lasciato e cercare di seguirli con la grazia di Dio. Per la nostra vita non dobbiamo guardare ai cattivi esempi, quelli di cui troppo spesso ci parla la comunicazione sociale: purtroppo parla solo di questi e quasi mai di ciò che può darci speranza e aprirci orizzonti di bene, che ci sono e sono anche tanti, come sono tanti i sacerdoti che donano generosamente la loro vita a servizio del Vangelo e dei tanti bisogni della gente, come ha fatto don Elio.
Quando muore un sacerdote spesse volte viene dimenticato in fretta e insieme a lui si dimentica troppo in fretta tutto il bene che ci ha dimostrato, tutti i suoi sacrifici per la comunità. Non dimentichiamo chi ci ha fatto del bene, non dimentichiamo i nostri sacerdoti e preghiamo per loro, è doveroso per noi. Continuiamo a pregare per loro anche quando non sono più tra noi. I sacerdoti sono doni che il Signore ci ha fatto: poiché solo Lui è giudice della vita di ciascuno di noi, raccomandiamoli alla Sua misericordia con la preghiera di suffragio: è un grande atto di carità e di misericordia nei loro confronti che vale più di tanti fiori che con pietà deponiamo sulle loro tombe”.
”
Don Elio era nato ad Acquaviva l’8 luglio 1923 da una famiglia molto religiosa, i genitori Pacifico Gaetani e Elvira Neroni erano apprezzatissimi panettieri e pasticceri, il padre Pacifico, era un grande amante della lettura. A completare la famiglia c’erano le quattro sorelle Olga, Eurosia, Pia e Maria.
Un grande grazie tutta la comunità di Acquaviva sente di rivolgere a don Elio Gaetani, per tutto il bene da lui dimostrato per essa e si unisce in preghiera affinchè il Signore lo accolga nella Sua Patria Celeste.
0 commenti