Gli incontri con i giovani sono sempre una festa fatta di gioia e colori. Ma questa volta a Morelia, gioiello del barocco coloniale e patrimonio dell’umanità, si è davvero superato quanto fatto in Brasile, nelle Filippine, in Corea, in Australia. La coreografia non è soltanto sui palchi ma anche sugli spalti dello stadio: croci, bandiere e delle gradi ali di farfalle accompagnano i canti e l’allegria di questi giovani.
Un grande striscione scende lentamente quasi a coprire l’intera curva; c’è una colomba bianca, lo Spirito Santo, su uno sfondo che progressivamente diventa sempre più blu.
Anche questo è un messaggio di speranza, con il Papa che raccomanda ai giovani di non perdere la speranza, di non smettere di avere l’incanto di sognare e di non fermarsi di fronte alle difficoltà ma di reagire:
il trionfo, dice loro, non consiste nel non cadere ma nel non rimanere caduti.
L’invito è, dunque, a non lasciarsi escludere, disprezzare, trattare come merce. Non è vero che l’unico modo di vivere, di essere giovani è lasciare la vita nelle mani del narcotraffico o di tutti quelli che la sola cosa che stanno facendo è seminare distruzione e morte.
Nel cielo salgono migliaia di palloncini bianchi e gialli, le croci, è la missione giovani, vanno a inserirsi in un palco posto al centro del campo di calcio mentre lentamente una grande croce coperta da un telo giallo, si scopre e si alza verso il cielo. Anche in questa coreografia c’è un messaggio che ai giovani non è sicuramente sfuggito: certo il tempo in cui viviamo non è facile e tante sono le sfide che i giovani si trovano ad affrontare. Non mancano le ferite, le croci.
Ma loro, ricorda Francesco, non sono solo la speranza ma la ricchezza che sa trasformarla in speranza con il lavoro onesto.
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