Zenit
Ecco la Papa-terapia, che si declina, parola di Papa Francesco, in due azioni: l’affetto-terapia per i più piccini e l’ascolto-terapia per i ragazzi e gli adolescenti. Non è nuovo Papa Francesco alle ricette mediche e alle terapie. Ricordate la “Misericordina”, rosario impacchettato a mo’ di medicina con tanto di foglietto illustrativo, indicazioni terapeutiche e posologia? Non c’è dubbio: i bambini hanno bisogno di amore. Il calore umano, il contatto intenso, fatto di scambi psicologici e biochimici, e la protezione che si sono impressi nell’intimo durante la vita intrauterina devono trovare continuità anche nella vita postnatale, specie nei primi anni di vita.
Ma i nostri figli soffrono anche per l’eccesso soffocante di attenzioni sbagliate, altra forma di non amore, che si caratterizza per la saturazione dei desideri e l’assenza di autentico amore. Sensi di colpa, frenesie della vita, turbamenti adolescenziali tardivi, assenze colpevoli trasformano alcuni genitori in bancomat automatico del desiderio non espresso dal figlio, ma anticipato o indotto dal genitore stesso. Insomma l’affetto-terapia non è legata alla quantità delle attenzioni riversate in eccesso o in difetto, ma alla autenticità dell’amore. Non è una questione secondaria: nell’epoca dei social, l’autenticità dei sentimenti è una faccenda decisiva. Siamo sempre più abituati a rappresentare sentimenti ed emozioni attraverso post, video, foto, commenti, tweet e roba simile e siamo sempre meno abituati a viverli autenticamente. Patetici post annunciano amori eterni, cancellati dal click successivo.
Il Papa ha una parola anche per i più grandicelli. Inutile sottoporli a fiumi di parole, rimproveri, chiacchiere e consigli, meglio, molto meglio ascoltarli: è l’ascolto-terapia. E già, perché noi adulti siamo estenuati dai silenzi degli adolescenti: non ce ne siamo accorti, ma da molto tempo gli adolescenti hanno smesso di parlarci. Ignoriamo gran parte del loro mondo interiore e ci accontentiamo di controllarli attraverso i cellulari: ma i 2/3 dei ragazzi, secondo una ricerca, mente circa i propri spostamenti e le attività svolte rispondendo alla telefonata della mamma che implacabilmente chiede “dove sei?”, per placarsi grazie alla pietosa e scocciata mezza bugia del figlio. Alcuni genitori, con malcelato orgoglio, conquistano l’amicizia facebook con i loro figli per conoscerli un po’, coprendosi di ridicolo nel tentativo di socializzare on line con il figlio adolescente che chatta nella sua cameretta a pochi metri dalla madre e dal padre, per precipitare poi in clamorosi silenzi o in laconici “va tutto bene” ai vani tentativi di dialogo nei fugaci incroci nel corridoio di casa.
Ma perché un figlio dovrebbe parlare con un padre deludente, immerso nelle sue faccende, intento a curare il suo profilo facebook come un novello narciso digitale dell’era 2.0?
Ecco, l’ascolto-terapia parte dall’abc della relazione: innanzitutto esserci, ascoltare, avere un vero e reale interesse per il figlio. E anche qui entra in gioco l’autenticità. Affetto-terapia e ascolto-terapia vanno bene, anzi benissimo: ma chi farà l’autentico-terapia ai fragili adulti social dei tempi di oggi?