Dopo 25 anni di intenso servizio, padre Federico Lombardi lascia a fine febbraio la direzione generale della Radio Vaticana. In una monumentale intervista alla stessa emittente, il gesuita – che manterrà l’incarico di direttore della Sala Stampa vaticana – ricorda questo quarto di secolo trascorso nella radio del Papa, sin dal suo esordio come direttore dei programmi, nel 1990, e poi nel 2005 con la nomina di direttore generale. I superiori nel 2001 gli affidarono pure il Centro Televisivo Vaticano e dal 2006 la direzione della Sala Stampa vaticana.
“Quando sono venuto alla Radio non conoscevo direttamente il mondo vaticano – ricorda padre Lombardi – ma prima di essere Provinciale dei gesuiti italiani ero stato alla Civiltà Cattolica per oltre 10 anni e come per altri gesuiti prima di me questa era stata un’ottima scuola preparatoria per affrontare le questioni della informazione e comunicazione in sintonia con il servizio del Papa e della Santa Sede”.
“Oltre a seguire con continuità e da vicino l’attività del Papa come non avevo mai fatto – aggiunge – per me le novità più affascinanti erano l’orizzonte mondiale dell’attività di informazione della Radio e la grande internazionalità della comunità di lavoro, con personale di 60 nazionalità, con culture, lingue e alfabeti diversissimi”. Poi i 15 anni da direttore dei programmi, forse “il periodo più ‘felice’, in cui ho potuto dedicarmi a tempo veramente pieno alla missione della Radio Vaticana, da mattina a sera praticamente ogni giorno, quasi senza interruzione”.
E’ in quegli anni che padre Lombardi ha stabilito un legame tale con l’emittente da considerarla la sua “casa in Vaticano”. Anche quando gli è stato affidato il Ctv e poi la Sala Stampa, “non ho mai pensato di chiedere di lasciare la Radio Vaticana”, dice, “è la missione per cui i miei superiori religiosi mi hanno inviato a servire in Vaticano. L’ho sempre considerata la prima e fondamentale, e mi sono sempre ritenuto impegnato alla fedeltà al servizio delle persone che per prime mi erano state affidate”.
Certo, in tanti anni non saranno mancate le difficoltà e i dispiaceri. Ad esempio, ricorda il gesuita, le roventi accuse di ‘elettrosmog’ per l’attività del Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria, esplose alla fine del Grande Giubileo. “Era duro – dice – essere accusati (in modo certamente ingiusto) di fare del male, perfino di uccidere i bambini; ma per fortuna avevamo la coscienza a posto e credo che proprio per questo sapemmo sostenere la prova con responsabilità, pazienza, serietà morale e competenza scientifica”.
Oppure il rimpianto di non aver potuto realizzare un programma in lingua hausa. “Era molto intensamente richiesto dai Vescovi della Nigeria settentrionale, una regione che come sappiamo oggi è teatro di violenze e tensioni, dove imperversano i Boko Haram. Io lo avevo già organizzato, praticamente a costo zero, contando su collaborazioni volontarie di religiosi nigeriani a Roma e su contributi realizzati in uno studio radio cattolico in Nigeria. Avrebbe potuto essere ascoltato bene, e l’unico costo aggiuntivo sarebbe stato quello dell’energia elettrica per trasmetterlo, non più di 10.000 Euro in un anno (meno di 30 Euro al giorno…). Avevamo già fatto la prima trasmissione e mi fu imposto di sospenderlo – ritengo per la preoccupazione che la Radio non si ‘allargasse’…Per i nigeriani fu una delusione molto grave. Per me fu una decisione sbagliata, contraria alla comprensione di una vera necessità umana ed ecclesiale a cui potevamo dare una risposta piccola ma significativa, di attenzione e di sostegno per popolazioni povere e provate…”.
“Nel DNA della Radio Vaticana e della sua missione”, infatti – prosegue l’ormai ex direttore generale – “fin dalle origini e poi in particolare nel tempo della Chiesa oppressa dai totalitarismi, soprattutto comunisti, c’è stato sempre il servizio dei cristiani oppressi, dei poveri, delle minoranze in difficoltà, piuttosto che la sudditanza assoluta all’imperativo della massimizzazione dell’audience”. L’auspicio è che “questo non venga dimenticato neanche in futuro nel discernimento sugli sviluppi della comunicazione vaticana”.
Proprio guardando al futuro, padre Lombardi commenta la riforma in corso della comunicazione vaticana che – afferma – “era necessaria e va realizzata con coraggio, con la consapevolezza e l’apprezzamento della nuova cultura e delle nuove tecnologie che la caratterizzano”. Necessaria perché i diversi media della Santa Sede “venivano da una storia in cui erano nati successivamente e separatamente, come media specifici, mentre ora siamo entrati nel mondo della multimedialità e della convergenza digitale”. “Quindi – spiega il gesuita – sono perfettamente d’accordo che si proceda e mi pare che l’approccio complessivo adottato sia corretto. E’ anche giusto che ne portino la responsabilità persone più giovani di noi, più aperte e più convinte delle possibilità del nuovo”.
Da considerare anche il discorso dei risparmi economici che la riforma implica. Un impegno, che sottolinea padre Federico, “non comincia da oggi. Alla Radio dal 2003 si è attuato un piano regolare di riduzione del personale complessivo, profittando soprattutto dei cambiamenti tecnologici ma senza licenziare nessuno…”. Non bisogna perciò “illudersi di poter fare molto di più e meglio investendo meno risorse”: “La comunicazione costa e continuerà a costare, ma è giusto e necessario continuare ad investire in essa, se no la riforma verrà costretta in una gabbia troppo stretta”.
Sul prossimo “accorpamento” tra Radio e Ctv, il portavoce vaticano si dice “contento di questa prospettiva, del tutto naturale”: “Quando si vede una diretta televisiva – sottolinea Lombardi – si vedono immagini e si ascoltano i suoni, le parole del Papa. Finora nello stesso evento le immagini sono prodotte da una istituzione (il CTV) e i suoni da un’altra (la Radio). Strano no? Non per nulla in quasi tutti i Paesi si parla di ‘Radiotelevisione’. Ma in realtà in ogni caso noi collaboravamo da sempre gomito a gomito…”. Le persone, infatti, “si conoscono e sono abituate a lavorare insieme”, perciò “non ci sarà difficoltà a sentirsi ancora più strettamente uniti”.
L’unico appunto riguarda la “scala gerarchica cortissima” del Ctv che gli ha garantito sempre “una grandissima agilità di movimento, progettazione e decisione”. Secondo padre Lombardi, “un organismo più complesso e grande può avere qualche rischio di pesantezza in più”. Pertanto, una delle sfide della riforma sarà “integrare e coordinare i diversi enti mediatici senza appesantire e complicare”.
Tra le novità, infine, il fatto che per la prima volta dalla sua fondazione, 84 anni fa, la Radio Vaticana non sarà diretta da un gesuita. “Fin dall’inizio i Papi la hanno affidata ai gesuiti”, rammenta padre Federico, e “vi sono state figure eminenti nel corso di questo cammino… tutte persone che sono state felici di dedicare generosamente al servizio del Papa e della Chiesa le loro forze migliori, in certi casi veramente la loro vita”.
Noi, aggiunge, “siamo sempre stati fieri di svolgere in modo veramente disinteressato. Non lo abbiamo mai sbandierato, ma è vero che il gruppo dei gesuiti in servizio alla Radio non è inquadrato dal punto di vista retributivo come il normale personale vaticano, ma il compenso che viene versato alla loro comunità è calcolato su standard assai inferiori a quelli corrispondenti del personale normale, laico o religioso, permettendo così un risparmio economico non indifferente”.
“Portare la responsabilità di una istituzione che ha per natura sua costi considerevoli e non ha praticamente entrate possibili, mette nella condizione un po’ disagevole di dover chiedere sempre molti soldi e non portarne mai”. “Non molti avrebbero accettato con disponibilità questa situazione per decenni, esponendosi a critiche e obiezioni – sottolinea Lombardi – ma noi lo abbiamo fatto senza incertezze, credendo nella missione ricevuta, e credo che nonostante tutto abbiamo fatto anche un buon lavoro insieme ai nostri carissimi colleghi, impiegati, redattori e tecnici”.
Nel contesto della riforma, il Papa ha manifestato il desiderio che i gesuiti continuino un servizio nel campo della comunicazione; ma – osserva padre Federico Lombardi – “non esistendo più la Radio Vaticana, che era loro affidata per Statuto, bisognerà vedere come si possa identificare chiaramente una nuova area di responsabilità dei gesuiti. E’ una questione aperta, di cui i Responsabili della Segreteria per la Comunicazione sono del tutto consapevoli…”.
Intanto, i gesuiti” continuano a lavorare serenamente con i loro colleghi e assumendosi le loro responsabilità nell’ambito dell’attività redazionale, informativa e comunicativa di competenza della ‘Direzione dei Programmi’”, affinché il processo di rinnovamento “possa svolgersi nel modo migliore”. “Andiamo avanti con fiducia – conclude il direttore della Sala Stampa – perché la strada diventerà sempre più chiara percorrendola insieme con tutta la buona volontà possibile”.
[A cura di Salvatore Cernuzio]