GROTTAMMARE – Martedì 23 febbraio, presso la chiesa di S. Agostino di Grottammare, è stata presieduta dal Vescovo emerito Mons. Gervasio Gestori, la S. Messa in suffragio di don Luigi Giussani ad undici anni dalla morte.
L’omelia è stata contraddistinta dal carattere schietto e sincero nel rintracciare quella adesione totale e senza riserve a Cristo, che ha caratterizzato sin dall’origine la persona don Giussani. Mons. Gestori ha infatti evidenziato tre essenziali punti del suo carisma: la sua capacità di rendere vivo il Vangelo; la passione per l’uomo e la vita cristiana come esperienza di amicizia.
Il Vangelo era per Giussani una realtà viva, era l’umanità eccezionale di Cristo, “sapeva presentare un Vangelo nudo, privo di fronzoli, nella sua forza e semplicità, nella concretezza quotidiana. Per lui il Signore era la bellezza straordinaria e unica, anche da uomo crocifisso, capace di sconfiggere ogni umana filosofia. Ne parlava da innamorato, senza un minimo di retorica, ma con parole che tentavano di esprimere la follia e la sapienza della Croce”. La passione per l’umano invece, ha definito l’intera esistenza di Giussani come ha ricordato Mons. Gestori citando un passo di Mons. Camisasca; in essa ha sempre voluto intendere un forte richiamo al destino a ciò per cui il cuore dell’uomo è stato fatto come afferma un noto passo del canto Povera voce ‘tutta la vita chiama l’eternità’ emblema del movimento di Comunione e Liberazione.
La passione per l’umano ha voluto dire anche entrare nelle proposte educative dell’epoca senza timore e con chiarezza di giudizio, rivisitando epoche storiche, la letteratura e tutto ciò che era connessione con il reale, affinché tutto fosse più interessante.
Mons. Gestori ha posto poi l’accento sul valore dell’amicizia che Giussani aveva: “A partire dal suo innamoramento per Cristo, don Giussani si sentiva interessato alla persona, ad ogni persona … e la Chiesa diventava allora il grande luogo spirituale dell’amicizia”.
L’omelia si è conclusa chiedendo al popolo intervenuto di non dimenticare troppo facilmente l’insegnamento di Giussani; per lui Cristo era tutto, una vita intensa da cui imparare che continua attraverso i suoi scritti. La domanda che infine Mons. Gestori ha posto all’assemblea è stata quella di un paragone: