I giochi divisi per genere, maschile e femminile, rischiano di scomparire. Il motivo è semplice, dice Mathilda Engman, capo dei prodotti di consumo della società Toca Boca, sviluppatore internazionale di applicazioni per bambini:

“Un prodotto che non escluda l’altra metà della popolazione è più redditizio”.

In realtà la situazione è molto più complessa di così e sono molte le concause di quello che sta per diventare un fenomeno culturale preoccupante. Si comincia con la divisione degli scaffali nei grandi negozi di giocattoli delle catene internazionali. “Toys R Us” nel Regno Unito, per esempio, ha varato un provvedimento interno per eliminare le barriere di genere nella esposizione di giocattoli. Che siano destinati alle bambine o ai bambini, i giochi sono proposti in spazi comuni, senza soluzione di continuità. Si tratta però ancora solo di un effetto del cambiamento epocale in atto. La causa è più profonda ha a che fare con la tecnologia.

Virtuale e reale. Il cambiamento, infatti, è cominciato con la diffusione massiccia di smartphone e tablet nelle mani dei bambini di tutto il mondo. Gli apparecchi mobili, infatti, sono neutrali, dal punto di vista del genere. Possono essere usati indifferentemente da uomini o da donne. Lo stesso, a maggior ragione, vale per l’infanzia. C’è anche da dire che lo sviluppo di applicazioni o di videogiochi di successo, richiede investimenti impressionanti nella ricerca, nello sviluppo e nel marketing. Diventa così più facile capire perché le grandi multinazionali dei giochi per bambini abbiano scelto la strada della confusione di genere per i loro prodotti. Si tratterebbe di una ottimizzazione degli investimenti. Sembra una spiegazione convincente ma non spiega ancora tutto.

A sentire cosa hanno da dire i responsabili delle grandi catene produttive di giochi per bambini, resta il dubbio che sia in atto una rivoluzione antropologica più grande di una semplice strategia di marketing.

“Toca Hair Salon” è una delle applicazioni più popolari di Toca Boca, uno sviluppatore di applicazioni per bambini con sede a Stoccolma, New York e San Francisco. Le attività si svolgono in un parrucchiere virtuale disegnato con un uso abbondante di colori caramellosi. I capelli, con poche ditate sullo schermo, possono essere tagliati, fatti ricrescere, arricciati, colorati e ricomposti all’infinito in mille assurde geometrie tricologiche. Basta andare per le strade di una qualsiasi città occidentale e studiare le acconciature degli adolescenti per capire che il confine fra gioco e realtà è molto labile. Fra i clienti virtuali di questa applicazione, ci sono personaggi caratterizzati come ragazze o come ragazzi; ci sono però anche un paio di tipologie di personaggi virtuali il cui genere sessuale è decisamente ambiguo. “I nostri personaggi sono eccentrici per essere accattivanti con tutti i nostri piccoli clienti”, ha spiegato Engam di Toca Boca.

“Lei” e “lui”. Raul Gutierrez è il Ceo di “Tinybop”, un’azienda che sviluppa applicazioni per il settore dell’educazione. “La scienza è neutrale, non è specifica per genere”, ha detto: “Le nostre non sono dichiarazioni politiche. Voglio solo raggiungere il maggior numero di bambini possibile”. Si tratta di affermazioni che cozzano con le regole più consolidate del marketing. Gli esperti di vendita sanno bene che la confusione di genere non paga. Le strategie dei colossi mondiali delle App per bambini quindi dovrebbero destare più di una riflessione. “Tinybop”, per esempio, ha messo in vendita una applicazione per costruire “robot” virtuali. I bambini, di entrambi i sessi, possono assemblare i pezzi come vogliono e i risultati sono spesso molto fantasiosi. Nei focus group seguiti dagli psicologi, però, hanno scoperto che i bambini si riferiscono alle loro creazioni attribuendo una differenza di genere: sono sempre “lei” o “lui”. Una bambina più cresciuta aveva costruito addirittura il suo fidanzatino. Nonostante le forzate strategie di marketing dei grandi gruppi, i bambini, per il momento, sembrano sapere ancora cosa sia una differenza di genere. Per il momento.