L’integrazione passa attraverso l’educazione dei giovani che appartengono alle seconde generazioni di migranti. È il parere del card. Antonio Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, intervenuto ieri a un incontro promosso dall’ambasciata del Canada in Italia sul tema “Immigrazione e integrazione: Canada e Italia a confronto”.
Il porporato – come riporta l’Osservatore Romano – ritiene che le istituzioni debbano essere “in prima linea nella formazione di persone capaci di apprezzare la diversità, evitando chiusure pregiudiziali”. In particolare si riferisce alla scuola, che “deve partecipare alla ricerca di soluzione dei problemi umani più urgenti” e, dunque, è importante “investire nella ricerca e nell’insegnamento sui temi riguardanti, per esempio, la democrazia, i diritti umani, la pace, l’ambiente, la cooperazione e la comprensione internazionale, la lotta alla povertà, il dialogo interreligioso e tutte le questioni connesse allo sviluppo sostenibile”.
Il card. Vegliò ritiene determinanti anche nuovi investimenti “sui temi della cittadinanza e della partecipazione, sulla preparazione di educatori, sulla mediazione culturale e su quella sociale”. Il porporato ha poi sottolineato come sia necessaria una nuova politica fiscale, della casa, dell’accompagnamento e della sicurezza sociale, della tutela della salute e della vita di tutti.
Ma la “strada maestra” sono le “adeguate politiche migratorie”, per assicurare “stabilità” e “diritti”. In questo senso la Chiesa “non rivendica né compiti specifici né particolari competenze nell’elaborazione di adeguati quadri normativi”. È attenta “a non interferire nella gestione di compiti che spettano alle istituzioni civili”. Si riserva, però, “di concorrere con opportune proposte perché le misure che gli Stati o la Comunità internazionale intendono adottare si ispirino ai diritti fondamentali e alla grande tradizione della civiltà cristiana, di cui la Chiesa è depositaria”. Il compito è dunque dei laici cristiani, dei gruppi, delle associazioni, degli organismi di ispirazione ecclesiale, affinché assicurino “una maggiore concretezza a tali orientamenti, in base alla loro specifica competenza ed esperienza, sollecitando, di conseguenza, precise scelte operative”.