DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse sulle letture di domenica 28 Febbraio.
«Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, condusse il bestiame oltre il deserto, e arrivò al monte di Dio, l’Oreb». Mosè compie un percorso che lo porta nel deserto, e poi sull’Oreb, termine che, in ebraico, sta a identificare, anch’esso, una regione arida e deserta.
E’ questo il luogo e il tempo del “faccia a faccia” con Dio: Mosè «guardò» il roveto ardere e non consumarsi, «Il Signore vide che si era avvicinato per guardare», un susseguirsi di sguardi che prepara ad un dialogo personale e familiare.
Dio chiama per nome «Mosè, Mosè!», ed è un Dio che all’«Eccomi!» di Mosè, all’eccomi dell’uomo, si consegna totalmente: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Il Dio che conosce il suo nome e le sue vicissitudini, ma anche il Dio delle promesse e dell’alleanza. Non un Dio nuovo ma il Dio che, da Abramo in avanti, accompagna la storia di Israele, e di cui, coprendosi il volto, Mosè riconosce grandezza e santità.
«Ho osservato la miseria del mio popolo…ho udito il suo grido…conosco le sue sofferenze»: questo Dio è profondamente coinvolto nella storia di Israele, pienamente padre del suo popolo! «Sono sceso per liberarlo e per farlo salire verso una terra bella e spaziosa». Non rimane fermo, “scende” a prendere Israele, a farsi suo compagno di strada, a rialzarlo e fargli dono di nuova dignità, di una terra, di quella possibilità di vita che sarà in eterno il segno della benedizione del Padre ai suoi figli, dell’alleanza del Padre con il suo popolo.
Alla domanda di Mosè che chiede con quale nome presentarlo al popolo, Dio risponde: «Io sono colui che sono», letteralmente “Io sarò ciò che sarò”: Dio non si può circoscrivere, Dio non può “essere” al presente! Dio è consistenza della mia vita ma in continuo divenire. Faremo esperienza di Lui giorno dopo giorno non solo come Dio dei padri, ma come Dio che si muove, vede, ascolta, partecipa, fa esperienza della nostra vita. E’ il Dio che ogni giorno si propone a ciascuno di noi “nuovo”, secondo il grido che gli eleviamo; il Dio che perdona, che guarisce, che salva, che difende, misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore, dice il salmista.
Lo stesso Dio che ci presenta il Vangelo: Gesù non è venuto a distruggere ma a ridare vita e dignità. A chi vede una relazione tra peccato e castigo, Gesù annuncia chiaramente che l’azione di Dio con i peccatori non è punitiva e distruttiva ma vivificante, un’azione che offre nuove possibilità perché la nostra vita sia feconda! Ma non basta…Gesù collabora a questa azione come il vignaiolo che si impegna a zappare e concimare il terreno su cui cresce l’albero di fichi che, da tre anni, non porta frutto!
E’ un invito alla conversione, a scegliere il bene piuttosto che il male, la vita invece che la morte, è credere a questo Dio contadino che si affatica attorno al mio cuore affinché porti frutto buono, per me e per gli altri.
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