Di Giovanna Pasqualin Traversa
Sono le schiave del terzo millennio, costrette da trafficanti senza scrupoli a violenze e soprusi in quel lager che inizia al loro arrivo in Italia e si consuma quotidianamente nello squallore dei marciapiedi di periferia dove la loro dignità è violata e calpestata ogni giorno.
Donne e ragazzine poco più che bambine, carne di Cristo crocifissa che grida l’ingiustizia e chiede libertà e rispetto.
A loro è stata dedicata la Via Crucis vivente che ieri sera, per iniziativa della Comunità Papa Giovanni XXIII e in collaborazione con la Pastorale vocazionale della diocesi di Roma, ha percorso alcune vie del centro storico, dalla chiesa di Santo Spirito in Sassia alla Chiesa nuova facendo tappa in sette “stazioni”. A guidarla il cardinale vicario Agostino Vallini, visibilmente commosso: “Dobbiamo avere il coraggio di dire: ‘basta schiave!”.
In questa via dolorosa si rispecchia la “passione” delle vittime della prostituzione coatta, secondo don Aldo Buonaiuto (Comunità Papa Giovanni XXIII) tra le 75mila e le 120mila, il 65% delle quali in strada, il 37% minorenne tra i 13 e i 17 anni, provenienti per lo più da Nigeria e Paesi dell’est. Alcune partecipano alla Via Crucis, ma mimetizzate tra la folla. Preferiscono non parlare e non farsi notare, avverte il sacerdote. E ad accompagnare il corteo di attori in costume – Cristo, gli apostoli, i soldati e i centurioni, le donne di Gerusalemme – la lettura dei brani evangelici della passione, canti e riflessioni.
“Siamo tutti responsabili, perciò in questo Anno santo occorre rafforzare l’impegno di tutti contro la schiavitù”, afferma suorEugenia Bonetti, responsabile dell’Ufficio nazionale tratta dell’Usmi,
ricordando “le piaghe sanguinanti delle ragazze incontrate sulla strada”, e le religiose che aprono loro “le porte sante dei conventi”, porte sante perché di misericordia.
“So che non ho scelta. E così mi consegno per 30 denari ai briganti”,recita una voce narrante femminile commentando il tradimento di Gesù da parte di Giuda nella prima stazione. Seconda stazione davanti alla chiesa della Traspontina, e a fare da contraltare al giudizio di Cristo nel Sinedrio è l’amarezza di chi ha subito “umiliazioni nell’indifferenza di tutti, prima usata, poi colpita, poi condannata”. Intanto il corteo procede accompagnato da un fiume di gente che già riempie tutta via della Conciliazione e continua a ingrossarsi: giovani, anziani, famiglie con bambini anche in passeggino, qualche disabile in carrozzina, suore, preti e religiosi.
Terza stazione, nei giardini di Castel Sant’Angelo, il rinnegamento di Pietro che significa “essere rinnegata sempre e da chiunque”. E l’emozione sale in modo palpabile. Nella fossa di Castello (quarta stazione dove Gesù incontra la Veronica), una ragazza di colore nota che sto prendendo appunti, mi chiede se sono una giornalista. Sorrido e rispondo affermativamente, mi guarda in silenzio con gli occhi lucidi mentre la voce narrante supplica:
“Qualcuno abbia pietà di me, almeno tu, donna, sorella, vieni in mio aiuto”.
Struggente la coreografia interpretata dal corpo di ballo della Holydance di suor Anna Nobili e della Star Rose Academy di Claudia Koll. Quinta stazione, Gesù incontra sua madre e le donne di Gerusalemme. “Penso a mia madre e alle mie sorelle – confida la voce narrante – se sapessero dove sono finita….”. Mi guardo intorno. Ci sono molti uomini, chissà che cosa pensano.
Attraversiamo il Tevere lungo il ponte di Castel sant’Angelo sotto lo sguardo marmoreo e commosso degli angeli della passione, costeggiamo San Salvatore in Lauro per arrivare alla Chiesa nuova.
Sul sagrato una sorpresa. In croce è una donna agonizzante a fare suo l’ultimo grido di Gesù prima di morire.
Padre Maurizio Botta, oratoriano, richiama l’invito di Papa Francesco ai mafiosi affinché si convertano e, rivolgendosi idealmente a sfruttatori, clienti e “politici complici”, afferma:
“L’annuncio dell’esistenza dell’inferno è misericordia. Convertitevi, chiediamo che soffriate il dolore smisurato del pentimento”.
In chiesa per la settima e ultima stazione: Gesù deposto nel sepolcro e risuscitato. Ma Gesù entra, percorre la navata centrale portando fra le braccia la donna crocifissa e la depone con delicatezza ai piedi dell’altare avvolgendola in un telo. Poi si inginocchia davanti a lei.
“Sono le donne, vittime della crudeltà dell’uomo, a farci vedere il volto di Cristo”, osserva Matteo Truffelli, presidente nazionale dell’Azione cattolica. “Sono le donne crocifisse per colpa nostra che ci salveranno”. Il “gesto” conclusivo sarà l’abbraccio del card. Vallini a due giovanissime ex prostituite nigeriane accolte in una casa famiglia della Comunità.
Ma sono poco più che bambine quelle che avanzano accompagnate dalla responsabile.
Incrociare per un attimo i loro occhi trafigge il cuore. Due le parole “consegnate” dal cardinale. Anzitutto “perdono, da chiedere al Signore e a queste nostre sorelle per i nostri silenzi e per avere pensato che il problema non ci riguardasse. Il mondo deve cambiare. Roma deve cambiare!”. La seconda è “grazie, grazie al grande cuore di don Benzi e ai suoi figli. Loro, quelle periferie ‘consegnateci’ da Papa Francesco le hanno visitate e in qualche modo redente”.