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La realtà virtuale contribuirà a migliorare la salute fisica e mentale?

Di Rino Fardi

La realtà virtuale è stata la grande promessa dell’informatica. Quando nel 1990, i computer divennero “personal” e domestici, il dibattito sulle possibili simulazioni di esperienze reali affascinò gli esperti e i semplici curiosi. In venticinque anni, però, la realtà virtuale non ha prodotto risultati paragonabili alle attese. Il settore dei videogiochi è quello che, per il momento, ne ha tratto i maggiori vantaggi. Meno noti, ma non per questo meno importanti, sono i risultati di questa tecnologia nel settore della formazione a distanza. L’industria dell’energia, per esempio, preferisce addestrare i propri ingegneri su piattaforme di realtà virtuale invece di mandarli sulle costosissime piattaforme estrattive che si trovano nel mezzo dell’oceano. Adesso però anche la medicina sta cominciando a testare le possibili applicazioni nei trattamenti terapeutici più complessi.

Il mercato globale della realtà virtuale vale circa 80 miliardi di dollari.

Secondo le previsioni degli esperti la sanità è destinata a coprire una parte non marginale di questo fatturato: sarà la seconda voce dopo i videogiochi.

Terapia del dolore. “La realtà virtuale clinica offre la possibilità di mettere un paziente in un ambiente diverso da quello in cui si trova, un ambiente che è stato progettato per avere caratteristiche terapeutiche integrate”, spiega Albert Rizzo, direttore del dipartimento di medicina di realtà virtuale presso la University of Southern California Institute for creative Technologies. I settori della medicina dove si stanno sperimentando i possibili effetti di questa tecnologia sono: i disturbi post-traumatici da stress, l’autismo, la riabilitazione fisica e, anche, le terapie di tipo psicologico. Per i malati di Ptsd (Post-Traumatic Stress Disorder), si “ricostruiscono” esperienze di stress simili a quelle vissute dal paziente (spesso sono soldati di ritorno da zone di guerre). Il malato può rivivere le situazioni di stress in un ambiente controllato e “protetto”. “Cerchiamo di creare il contesto in modo che possano affrontare l’elaborazione del trauma nella sicurezza di un abiente clinico”, spiega Rizzo: “In questo modo si può riprogrammare la propria esperienza senza saltare come una molla quando qualcuno ci mette una mano sulla spalla”. Interessante sembra anche lo studio nella terapia del dolore. In molti esperimenti, i malati hanno trovato giovamento nell’immersione in ambienti virtuali durante trattamenti molto invasivi e dolorosi.

Salute mentale. Un altro settore di intervento è quello del deficit di attenzione. Le simulazioni digitali possono aiutare a individuare, valutare e misurare gli errori di attenzione. Più inquietanti sono gli esperimenti che si stanno conducendo invece nelle terapie di tipo psicanalitico. Si costruiscono degli “avatar” delle persone con le quali i pazienti hanno difficoltà di rapporto per permettere di elaborare meglio le proprie ansie. Secondo Rizzo, il vantaggio più importante della “terapia Vr” è che abbassa le barriere di accesso alle cure di salute mentale per i pazienti. Coloro che non sono a loro agio con un terapeuta a causa della paura del giudizio, potrebbero essere più disposti a chiedere aiuto attraverso un computer.

Il prossimo passo della realtà virtuale in ambiente medico sarà quindi la simulazione di un incontro e di una vera e propria relazione con un altro essere umano.

Si tratta di uno scenario verso il quale anche i medici entusiasti come Rizzo si muovono con prudenza. “Sarà un compito arduo – afferma -. Abbiamo passato gli ultimi 100 anni a studiare come gli esseri umani interagiscano con altri esseri umani nel mondo reale, e abbiamo solo iniziato a graffiare la superficie. Come gli esseri umani interagiscano con gli esseri umani virtuali è un campo di studio interamente nuovo”. Nonostante ciò alcune applicazioni di realtà virtuale saranno disponibili sul mercato già alla fine dell’anno. Si parla con insistenza di software e di hardware per supportare la respirazione yoga (una fascia da sistemare sopra lo stomaco). Uno degli sviluppatori di app per la Vr, Owen Harris, ha detto di aver già trovato un sistema per combattere l’ansia patologica. “Le implicazioni per la terapia in realtà virtuale clinica sono enormi – ha spiegato Harris -. Presto saremo in grado di affrontare le nostre paure e di domare i nostri demoni”.

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