X

Quaresima: padre Cantalamessa, “amarsi tra cristiani significa guardare nella direzione di Cristo”

“Il mondo ha dimenticato, o non ha mai conosciuto, il suo Salvatore, colui che è la luce del mondo, la via, la verità e la vita, e noi perdiamo tempo a polemizzare tra di noi?”. È questo l’interrogativo posto ieri da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, nel corso della quinta predica di Quaresima, nella cappella Redemptoris Mater in Vaticano. L’intervento si è concentrato sull’ecumenismo, partendo dal decreto “Unitatis redintegratio”, i cui “frutti sono stati di due specie”: un ecumenismo “sul piano dottrinale e istituzionale” e “un ecumenismo dell’incontro e della riconciliazione dei cuori”. “Il mondo cristiano – ha ricordato padre Cantalamessa – si prepara a celebrare il quinto centenario della Riforma nel 2017. È vitale per tutto il futuro della Chiesa non sciupare questa occasione, rimanendo prigionieri del passato, o limitandosi a usare toni più irenici nello stabilire torti e ragioni d’ambo le parti”. Per padre Cantalamessa, “è il momento di fare un salto di qualità, come quando una barca arriva alla chiusa di un fiume o di un canale che le permettere di proseguire la navigazione a un livello superiore”. “Ci sono cristiani che bisogna convincere, in entrambi gli schieramenti, che la guerra è finita, le guerre di religione tra cattolici e protestanti sono finite. Abbiamo ben altro da fare che farci guerra l’un l’altro”, ha ammonito padre Cantalamessa, per il quale “non basta, però, questo motivo pratico per fare l’unità dei cristiani. Non basta trovarsi uniti sul fronte dell’evangelizzazione e dell’azione caritativa”. Ma se “non possiamo ‘bruciare le tappe’ circa la dottrina, perché le differenze ci sono e vanno risolte con pazienza nelle sedi appropriate, possiamo invece bruciare le tappe nella carità, ed essere pienamente uniti, fin d’ora”.

“Tra cristiani amarsi significa guardare insieme nella stessa direzione che è Cristo”. “Se ci convertiremo a Cristo e andremo insieme verso di lui – ha proseguito – noi cristiani ci avvicineremo anche tra di noi, fino a essere, come lui ha chiesto, ‘una cosa sola con lui e con il Padre’”. “Succede come per i raggi di una ruota”, ha spiegato padre Cantalamessa: “Essi partono da punti distanti della circonferenza, ma a mano a mano che si avvicinano al centro, si avvicinano anche tra di loro, fino a formare un punto solo”. Ricordando che “le questioni che provocarono la separazione tra Chiesa di Roma e la Riforma nel secolo XVI furono soprattutto le indulgenze e il modo in cui avviene la giustificazione dell’empio”, padre Cantalamessa ha affermato che “non si è giustificati per le buone opere, ma non ci si salva senza le buone opere. La giustificazione è senza condizioni, ma non è senza conseguenze. Questo lo crediamo tutti, cattolici e protestanti e lo diceva già il concilio di Trento”.

In “un mondo largamente post-cristiano”, il “problema” è “come ridare all’uomo d’oggi il vero senso del peccato che ha smarrito del tutto”. Per padre Cantalamessa, “la giustificazione mediante la fede in Cristo dovrebbe essere predicata da tutta la Chiesa e con maggior vigore che mai. Non più, però in opposizione alle ‘buone opere’ che è una questione superata e risolta, ma in opposizione, semmai, alla pretesa del mondo secolarizzato di potersi salvare da solo, con la propria scienza, la tecnica o con tecniche spirituali di propria invenzione”. “Sono convinto che se fossero vivi oggigiorno questo sarebbe il modo con cui Lutero, Calvino e gli altri riformatori predicherebbero la giustificazione gratuita mediante la fede”.

Redazione: