C’è un indice infallibile di laicità (o di laicizzazione di una società): la lettura delle prime pagine dei quotidiani. Prendi il caso dell’Italia, il Paese dei giornalisti laici che riservano fiumi di inchiostro per Francesco, il Papa che piace a tutti o quasi.
Nel giorno della Pasqua, della risurrezione di Gesù, nel cui nome ben oltre un miliardo di donne e di uomini in ogni angolo della Terra si fermano a pregare e a invocare in suo nome la pace, neanche un rigo.
Con qualche lodevole eccezione, come il quotidiano della Confindustria, che si affida alla penna di un vescovo ispirato. Su tutte le prime pagine, però, campeggia l’indicazione: portare di un’ora in avanti le lancette dell’orologio. Informazione di servizio e perciò necessaria. Per carità, nulla da eccepire. Siamo del mestiere anche noi. E guai a bucare una notizia del genere. Ma cosa volete che sia dinanzi alla memoria di un uomo che morendo sulla Croce ha salvato l’umanità intera dal peccato e ancora oggi proprio dalla sua croce ci richiama alla responsabilità nei confronti di tutti gli uomini e di tutte le donne che soffrono per l’ingiustizia?
Abbiamo ancora inciso nel cuore e nelle orecchie l’eco della preghiera di Papa Francesco che al termine della Via Crucis al Colosseo ha saputo e voluto vedere nella Croce di Cristo tutto il dolore dell’umanità di oggi. Senza retorica, senza indulgenze politicamente corrette. Ventinove invocazioni che proprio nel giorno di Pasqua, nel giorno della risurrezione di Cristo, trovano la loro giustificazione e la loro speranza. Perché è la risurrezione la risposta a quei dolori e a quegli strazi indicibili. A quella montagna di sofferenze che accompagna l’umanità che non vive nell’emisfero dell’opulenza e delle false libertà.
Ed è singolare, rileggendo le 29 invocazioni di Papa Francesco, imbattersi in quella più scomoda per le orecchie laiciste e su cui si è allegramente sorvolato. Ha detto il Papa: “O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi in coloro che vogliono toglierti dai luoghi pubblici ed escluderti dalla vita pubblica, nel nome di qualche paganità laicista o addirittura in nome dell’uguaglianza che tu stesso ci hai insegnato”.
Ecco, un bel modo di non escludere la Croce dalla vita pubblica, sarebbe stato quello di parlare e di scrivere ieri di Gesù di Nazareth. E di ricordarlo laicamente ieri.
Di non occuparsi per un giorno del Vaticano e delle sue riforme ineludibili, della pedofilia dei preti, delle diocesi in difficoltà economica, di Vatyleaks e dei suoi personaggi sospesi fra la spy story e le mandrakate, dei preti infedeli e degli scandali di periferia, dei presunti cambi di dottrina e delle acrobazie pastorali. Sì un giorno dedicato alla vittoria della croce, magari solo poche righe in prima pagina, per ricordare che i cristiani hanno pregato per accogliere il Salvatore e Signore Gesù Cristo.
Niente di tutto questo. E allora ci è passato per la mente un cattivo pensiero: metti che un musulmano radicalizzato, di quelli che interpretano la religione del profeta come un programma politico-ideologico e non come una via per la salvezza e la purificazione abbia letto ieri la prime pagine di uno dei più grandi quotidiani italiani… Chi sarebbe in grado di convincerlo che questo Paese non è un terreno di conquista per il suo islam violento, anche a colpi di bombe e in nome delle Guerra santa? Se un tale Gesù Cristo non ha trovato traccia da nessuna parte… Se la Pasqua, la festa dei cristiani, è tutta e solo un fatto strettamente privato… Se gli stessi cristiani la declassano, sarà solo una formalità riempire quel vuoto di senso religioso. Certo, con le loro maniere forti (per usare un eufemismo). Insomma,
come il marziano a Roma di Ennio Flaiano, cosa riescono a capire della nostra religione privata, quei fanatici che uccidono in nome dell’islam?
Di sicuro, non lo capirebbero dalla prime pagine dei quotidiani e forse neppure da quelle interne, spesso ricolme di discredito per chi crede nella Croce, pur senza essere un crociato.
Fossi un giornalista laico, magari anche laicista, anche solo per fare un dispetto a chi uccide in nome della religione, avrei scritto di Gesù e della sua storia infinita.
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Sono d'accordo con te ci manca il coraggio per affermare la nostra fede,cosa che invece hanno i musulmani
Erminia