Una porta aperta, che non impedisce a nessuno l’ingresso. Non è un caso se la nuova “Université pour tous”, che a marzo ha iniziato i suoi corsi ad Algeri, ha scelto quest’immagine come suo simbolo. Ispirata all’esempio delle “università popolari” europee, l’istituzione da poco inaugurata nella capitale dell’Algeria ha l’ambizione di andare oltre questo modello: l’iniziativa nasce, infatti, dalla collaborazione tra il centro diocesano “Des Glycines”, istituzione legata alla Chiesa cattolica algerina, e un gruppo di studiosi locali, che si richiamano a diverse tradizioni culturali. Saadia Gacem, sociologa, è una di loro e si occupa, oltre che della comunicazione, anche di definire una parte dei programmi.
“Abbiamo voluto andare oltre le differenze tra cristiani, musulmani e laici – dice la ricercatrice-. Anche chi ha scelto di seguire i nostri corsi non vi vede uno specifico elemento religioso, ma cerca la serietà dei programmi e quella mescolanza culturale che deriva dagli studiosi, algerini e stranieri, che scelgono il Centre Des Glycines per le loro ricerche”.
Il centro diretto oggi da un sacerdote cattolico, padre Guillaume Michel, esiste da più di 40 anni: a promuoverne la fondazione nel 1962 fu l’allora arcivescovo di Algeri, mons. Léon-Etienne Duval, che pochi anni dopo sarebbe stato creato cardinale. Grazie agli incontri culturali, ai corsi di lingua e alle conferenze che organizza, l’istituzione è diventata un riferimento importante anche per il mondo accademico e di questa esperienza l’Université pour tous è in un certo senso il coronamento. “Il punto di partenza è stata l’impossibilità di trasmettere conoscenze specialistiche sulle scienze umane al di fuori delle strutture universitarie ufficiali. – spiega ancora Saadia Gacem – C’è bisogno di rendere questo sapere accessibile a tutti, che siano studenti diplomati o persone senza competenze universitarie”. Anche la tecnologia può aiutare a raggiungere il maggior numero possibile di destinatari: se nella capitale oltre 270 allievi frequentano le lezioni ogni settimana, molti altri – che non possono seguire le lezioni in città – vengono raggiunti mettendo a disposizione su internet i video e le registrazioni di alcuni corsi.
Spazi di dialogo. La nuova istituzione educativa, proprio perché aperta a tutti, senza differenze di titolo di studio, non può rilasciare diplomi ufficiali, ma l’iniziativa è stata apprezzata anche dal governo algerino. “Siamo soddisfatti di questa creazione” ha dichiarato alla stampa il portavoce del Ministero dell’Educazione Superiore, Zed Noureddine, parlandone come di “un aiuto per chi non può studiare”. Un riconoscimento importante per un’istituzione culturale finanziata dalla Chiesa – dal Centre des Glycines provengono anche i fondi – in un paese dove l’Islam è religione di Stato (e del 98% della popolazione) e il proselitismo è proibito. Anche in questa situazione, però, l’esperienza dimostra che si possono creare spazi di dialogo e di scambio del sapere. Ne è un modello proprio la nuova università, che rappresenta “un luogo di sapere animato dagli Algerini per gli Algerini”: una definizione arrivata dallo stesso padre Guillaume Michel al momento della presentazione dell’iniziativa.
Complessità sociale. È soprattutto da questioni sollevate da chi ai corsi avrebbe assistito che si è partiti per definirne i programmi, prendendo anche spunto dalla stampa locale e dalle conferenze già tenute nello stesso centro diocesano. Così, nei prossimi mesi, saranno affrontati temi come la città, la guerra e la pace, o il viaggio “verso l’altro e l’altrove”: quest’ultimo, direttamente o indirettamente, interessa molti algerini, cittadini di un paese che è punto di partenza e di transito per le migrazioni. Il filo conduttore tra i vari temi, sintetizza Saadia Gacem, sarà “un ritorno all’Algeria e all’Africa per mezzo della storia: uno sguardo che parta da questi territori e ci permetta di conoscerli meglio esplorando gli argomenti che abbiamo scelto”. Il tentativo, quindi, è quello
di mostrare la complessità della società algerina e il contributo che tutte le culture possono ancora oggi dare alla sua crescita.
Un obiettivo evidente anche nella scelta di utilizzare sia francese che arabo nell’insegnamento: la speranza è di riuscire a tenere un numero simile di lezioni in ciascuna lingua già a partire dal secondo “anno accademico”, che inizierà ad ottobre.
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