Proprio ieri, nell’omelia della Messa a santa Marta, il Papa ha parlato delle persecuzioni subite in passato e ai nostri giorni dalla Chiesa, ha ricordato i moderni martiri cristiani, ma ha inoltre messo in guardia dalla persecuzione “educata” che “toglie all’uomo la libertà, anche della obiezione di coscienza”. A ricordarlo è don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio per la pastorale della salute della Cei, commentando la critica mossa ieri all’Italia dal Comitato dei diritti sociali del Consiglio d’Europa per una presunta difficoltà di abortire nel Paese. Per don Arice occorre anzitutto “analizzare le questioni evitando qualsiasi tipo di ideologizzazione” e salvaguardando “il diritto costituzionalmente garantito di obiezione di coscienza”. Il sacerdote parte dai dati diffusi dal ministero della Salute: dal 1983 al 2014 le interruzioni volontarie di gravidanza sono diminuite da 233.966 a 97.535, “più che dimezzate”. “Tanti – osserva – i motivi di questo calo, tra cui anche la diffusione della contraccezione. Ma a questa diminuzione non corrisponde quella dei medici non obiettori: nel 1983 erano 1.607 contro i 1.490 del 2013, ultimi dati disponibili”. “Mi sembra un po’ ardito – commenta – affermare che questi medici non riuscirebbero a far fronte alle domande di Ivg”. Dunque “attenzione alle letture ideologiche su temi sensibili che meriterebbero ben altri approcci e nei quali la posta in gioco è il tema della vita e la salute della donna nella sua integralità con le ferite che questi interventi comportano”. Don Arice riferisce di avere appena avuto notizia che 37 deputati del Pd hanno chiesto al ministro Lorenzin di “garantire la legge 194”. “Sono certo – conclude – che il ministro farà una verifica opportuna del caso, ma le sue dichiarazioni di ieri e di oggi sono di grande responsabilità: garantire la possibilità di interruzione di gravidanza in ogni regione ma sulla base di una lettura oggettiva dei dati”.