Come comunicare la misericordia nel mondo dell’informazione? Attraverso la vicinanza concreta, l’incontro con le persone, il racconto delle storie, per fare in modo che drammi come quello attuale dei profughi o degli italiani che perdono lavoro non si riducano a numeri o a discorsi troppo elevati, per arrivare alla mente e al cuore dell’opinione pubblica. Sono questi i tratti comuni degli interventi dei giornalisti che hanno partecipato oggi pomeriggio alla tavola rotonda “Comunicare la misericordia” coordinata da don Ivan Maffeis, sottosegretario della Cei, nel corso del convegno nazionale delle Caritas diocesane a Sacrofano (Roma).”Se oggi la comunicazione è marketing – si è chiesto Marco Giudici, vicedirettore di Raidue – come è possibile promuovere la misericordia, un valore indispensabile della convivenza?” A suo avviso gesti simbolici come quello del Papa a Lesbo, che ha portato sull’aereo famiglie di rifugiati siriani, sono “di una modernità comunicativa sincera, che non è marketing, ma demolisce tutti gli stereotipi e fa passare un messaggio emozionalmente forte. In questo modo si genera una emozione positiva capace di scuotere l’opinione pubblica”. Per Nico Perrone, direttore dell’agenzia Dire, “non si può dare notizia di qualcosa se non si è sulla strada, vicino alle persone, toccando con mano le situazioni”. Perrone ha invitato i giornalisti a “non essere al servizio del potente di turno ma dei cittadini e della verità, che spesso può essere scomoda. Bisogna scegliere da che parte stare”. A suo avviso “per non cadere nella trappola dei numeri e ridestare l’attenzione dei cittadini” su tragedie come quella dei migranti “bisogna sforzarsi di raccontare volti e storie emblematiche”. Per Perrone il giornalismo, come avviene negli Usa, “può essere una chiamata all’azione per individuare soluzioni, e in questo lavoro gli operatori Caritas ci possono aiutare”. Anche per Vincenzo Morgante, direttore delle testate regionali della Rai, “fare il giornalista è rendere un servizio, non trasformarsi in protagonista delle storie ma essere lì, con un occhio di compassione che consenta di fare questo mestiere con passione”.