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Il comandante della task force europea nel Mediterraneo prevede: “I flussi aumenteranno”

Di Patrizia Caiffa

Mentre nel Mediterraneo si continua a morire c’è chi in mare fa il possibile per salvare vite umane e consegnare alla giustizia i presunti trafficanti di esseri umani. Lo scorso anno sono sbarcate in Italia 154mila persone, circa 24mila dall’inizio del 2016 a oggi. Le forze in mare europee – 5 navi e 7 aerei ed elicotteri messe a disposizione da 24 Paesi europei – hanno salvato, dal 22 giugno 2015 ad oggi, almeno 13mila uomini, donne e bambini e consegnato 80 persone alle procure di Catania e Siracusa per le necessarie valutazioni. Sono i numeri forniti dall’ammiraglio Andrea Gueglio, Comandante della Task Force della missione Eunavfor Med-operazione Sophia, la missione europea decisa il 20 aprile scorso, due giorni dopo il naufragio di 500/700 persone a metà strada tra la costa libica e quella siciliana, di cui in questi giorni è iniziato il recupero dei corpi. La portaerei italiana Cavour da cui l’ammiraglio Gueglio dirige tutte le operazioni è partita dalle coste italiane il 26 giugno e da allora si ferma nei porti solo pochi giorni al mese per fare rifornimenti di viveri e carburante. Avendo l’ospedale a bordo deve stare il più possibile in mare, per dare pronto supporto in caso di necessità. Le operazioni di salvataggio sono complesse e rese difficili dal maltempo o da condizioni atmosferiche avverse. Spesso si registrano casi di ipotermia, che possono essere superati da un intervento sanitario rapido e dalla disponibilità di abiti asciutti. Per questo Caritas italiana si è impegnata a fornire nei prossimi mesi 1000 kit di abbigliamento e calzature da distribuire ai profughi nelle operazioni di soccorso e salvataggio in mare. L’operazione, chiamata “Warm up” (riscaldare), è finanziata da Caritas Germania. E’ l’inizio di una collaborazione su un fronte comune: quello della vita.

Abbiamo seguito le vostre operazioni di salvataggio in mare in un documentario-capolavoro come “Fuocammare” o altri reportage. Come operate in concreto?

Queste organizzazioni predispongono gommoni o barconi dove stipano all’inverosimile uomini, donne e bambini. In un gommone di 15 metri arrivano a mettere fino a 120 persone. Da ognuno ricevono un pagamento di oltre 1000 dollari, poi li abbandonano in mare, nel buio, con rotta nord, fin quando si ferma il motore o finisce la benzina. Fortunatamente spesso arriva un mezzo militare a soccorrerli. Stiamo facendo ogni sforzo per poter individuare queste persone. Al momento stiamo operando in acque internazionali e quindi usiamo ogni strumento militare per poterli localizzare e riferirli all’autorità giudiziaria italiana per le valutazioni del caso. Il film “Fuocammare” descrive bene la nostra vita di tutti i giorni, 24 ore su 24. Dobbiamo essere sempre pronti, efficaci, non ci possiamo permettere errori perché ne va della vita di tanta gente.

Le operazione di salvataggio sono molto complesse. Quali accorgimenti?

Sì, perché le condizioni del viaggio e delle imbarcazioni sono molto precarie. Bisogna predisporsi, essere in grado di avere ogni accortezza e cautela per evitare di creare condizioni di ulteriore pericolo ai migranti. Abbiamo delle tattiche di avvicinamento, prima di tutto il dialogo: dobbiamo tranquillizzare le persone a bordo delle imbarcazioni facendo capire che la salvezza è arrivata, poi passiamo i salvagenti individuali per garantire a chiunque una minima condizione di galleggiabilità, poi piano piano si comincia a fare il trasbordo sui nostri gommoni verso la nave militare. Tutto questo richiede molto tempo e preparazione nautica per poter operare di notte e quando il mare è agitato come spesso accade.

Quali sono i numeri dei presunti scafisti e delle persone salvate da giugno ad oggi?

Ad oggi abbiamo individuato oltre 80 persone, poi riferite alle procure di Catania e Siracusa, che esaminano le foto ed ascoltano le testimonianze dei migranti che erano nella stessa imbarcazione. I procuratori avranno così gli elementi per prendere delle decisioni.

Ad oggi abbiamo salvato quasi 13mila persone come intervento diretto fisico con migranti che salgono a bordo delle nostre navi.

Ma i nostri aerei, elicotteri e radar hanno contribuito al doppio dei salvataggi compiuti da altre organizzazioni e unità navali che sono in mare.

Il 18 aprile di un anno fa uno dei naufragi più tragici; ieri un altro nel mar Egeo che fa temere oltre 200 vittime. Come si sente di fronte a queste notizie?

Per noi sono uno stimolo per condurre con sempre maggiore attenzione, sforzo ed impegno il nostro compito quotidiano. La nostra attività è direttamente collegata alla vita della gente. Queste tragedie ci stimolano ancora di più a fare tutto alla perfezione.

Dal punto di vista umano come vivete questa esperienza così forte e drammatica?

Uno dei ritorni più belli è vedere come gli equipaggi di tutte le Marine europee coinvolte vivono con grande intensità e generosità questo particolare tipo di operazione militare che non fa parte del nostro training convenzionale. Hanno saputo mettere a frutto il loro addestramento militare per essere efficaci, puntuali e pronti, ma soprattutto calorosi e accoglienti quando uomini, donne e bambini arrivano a bordo, per cercare di tranquillizzarli e ristorarli e aiutarli a trascorrere nel modo migliore le ore che li separano dall’Italia.

Ci si sente tutti parte della stessa umanità e siamo tutti orgogliosi di aver dato un contributo.

Quale significato ha per voi l’aiuto della Caritas in abiti e calzature?

Per noi significa ricevere strumenti fondamentali per poter essere ulteriormente efficaci nell’azione di soccorso di chi rischia la vita in mare. Molto spesso ci troviamo a dover soccorrere persone in acqua. Avere abiti per rivestirli e poter assicurare loro un viaggio più confortevole fino in Italia a volte può fare la differenza tra la vita e la morte.

E la visita di Papa Francesco a Lesbo?

Non può che riempirmi di gioia vedere la vicinanza del Papa al mare e a chi sta sul mare. E’ un segno di attenzione, anche se indiretto visto che non operiamo nel mar Egeo, per la nostra attività di tutti i giorni.

Ora che la rotta balcanica è stata chiusa stanno già aumentando gli arrivi dal Nord Africa. I numeri aumenteranno?

Ogni previsione va verificata sulle tendenze statistiche nel lungo periodo ma è chiaro che ci si deve aspettare un aumento nei periodi di bella stagione. Adesso abbiamo un relativo incremento rispetto agli stessi mesi dell’anno scorso ma è dovuto anche alle condizioni meteorologiche. Bisognerà vedere in tarda primavera-estate come evolveranno. Lo scorso mese abbiamo avuto 2mila partenze in soli due giorni.

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