- porre l’azione Caritas al centro della Chiesa;
- ricostruire comunità dove si ha l’attenzione alla dignità di ogni uomo e donna;
- promuovere lo sviluppo umano integrale e sostenibile contribuendo allo sradicamento della povertà
- costruire una solidarietà globale con un contributo Caritas attraverso l’educazione, la comunicazione e la mobilitazione dell’opinione pubblica;
- migliorare l’efficacia della confederazione, costruendo un’ alleanza più forte basata sulla competenza dei propri membri.
Il cardinale ha poi continuato citando la ”Deus caritas est” di papa Benedetto XVI evidenziando che la Carità è una manifestazione della vera identità della Chiesa come comunità di amore. L’azione caritativa non è un attività extra ma coinvolge il cuore della chiesa stessa e il servizio della carità è inseparabile dalle altre due responsabilità della Chiesa, cioè la predicazione della Parola di Dio e la celebrazione dei Sacramenti. La compenetrazione dei tre deve essere per questo mantenuta e la carità non può essere delegata ad un’organizzazione esterna o ad uffici. Il cardinale ha poi precisato che i poveri meritano la competenza: gli operatori pastorali, cioè, devono abolire l’andare ai poveri con un atteggiamento di superiorità perché l’attitudine propria e giusta è quella della solidarietà. Spesso ci si dimentica, infatti, che in fondo siamo tutti mendicanti: per questo anche i poveri hanno risorse da offrire.
In conclusione, poi, il cardinal Tagle ha parlato dell’ Anno della Misericordia, e come questa chiama a toccare le ferite della gente che soffre. Il Signore risorto mostra a Tommaso le sue ferite e insiste perché l’Apostolo metta le mani nelle sue ferite: proprio da questa esperienza nasce la più alta professione di fede, il “Mio Signore e mio Dio”. E’ come dire che chi chiude gli occhi di fronte alle ferite non può professare la fede perché solo le ferite dell’amore e della compassione, come quelle di Gesù, possono curare le ferite del mondo. Il presidente, card. Montenegro, ha poi concluso la serata invitando a guardare lontano con l’augurio che nelle nostre Caritas si parli più di poveri che di povertà: il Signore ha consegnato a loro la buona novella e per conoscerla dobbiamo andare da loro. Il Dio in cui noi crediamo è, infatti, un Dio che odora d’uomo.