DIOCESI – Il terzo giorno del convegno delle Caritas diocesane è stato caratterizzato dalla presenza del card. Tagle, presidente di Caritas internazionale. Nella sua interessante relazione il cardinale ci ha ricordato che il mondo in cui viviamo ha bisogno, ora più che mai, di un forte impegno e di una mobilitazione costante in quanto é in gioco il destino stesso del genere umano. I motivi sono molteplici e sotto gli occhi di tutti. La sofferenza degli uomini e delle donne della nostra unica casa comune sollecitano i nostri sentimenti di fraternità e di compassione: c’è più che mai bisogno di sviluppare una carità concreta e intelligente di fronte ad una vita quotidiana caratterizzata da una sempre maggiore crisi sociale. La diseguaglianza è una delle maggiori malattie del sistema economico attualmente in uso nel pianeta insieme ai preoccupanti fenomeni climatici. E non a caso papa Francesco parla di una complessa crisi socio ambientale che sta portando ad una guerra mondiale a pezzetti. Gli effetti della violenza e della sopraffazione sono sotto i nostri occhi con milioni di persone cacciate fuori della propria terra a motivo di guerra o di miseria. Il fenomeno dei profughi viene guardato con troppo distacco e mentre molti muoiono nella ricerca della dignità molti invece si chiudono di fronte a chi chiede di veder rispettato il diritto a rimanere nella propria terra libera dalla guerra insieme al diritto ad emigrare e il diritto ad essere accolti. “Respingere i profughi è un atto di guerra” ha detto il Papa: “un altro capitolo della guerra mondiale”: controllare i poveri illude di controllare la povertà, tenerli lontani illude di continuare a mantenere i propri privilegi. Il cardinale ha ribadito che, a tal proposito, è necessario un drastico cambiamento e non piccoli aggiustamenti nei sistemi. Davanti a questo problema siamo tutti corresponsabili e per questo il cardinale ha ricordato le cinque strategie da adottare proposte dalla Caritas internazionale:
- porre l’azione Caritas al centro della Chiesa;
- ricostruire comunità dove si ha l’attenzione alla dignità di ogni uomo e donna;
- promuovere lo sviluppo umano integrale e sostenibile contribuendo allo sradicamento della povertà
- costruire una solidarietà globale con un contributo Caritas attraverso l’educazione, la comunicazione e la mobilitazione dell’opinione pubblica;
- migliorare l’efficacia della confederazione, costruendo un’ alleanza più forte basata sulla competenza dei propri membri.
Il cardinale ha poi continuato citando la ”Deus caritas est” di papa Benedetto XVI evidenziando che la Carità è una manifestazione della vera identità della Chiesa come comunità di amore. L’azione caritativa non è un attività extra ma coinvolge il cuore della chiesa stessa e il servizio della carità è inseparabile dalle altre due responsabilità della Chiesa, cioè la predicazione della Parola di Dio e la celebrazione dei Sacramenti. La compenetrazione dei tre deve essere per questo mantenuta e la carità non può essere delegata ad un’organizzazione esterna o ad uffici. Il cardinale ha poi precisato che i poveri meritano la competenza: gli operatori pastorali, cioè, devono abolire l’andare ai poveri con un atteggiamento di superiorità perché l’attitudine propria e giusta è quella della solidarietà. Spesso ci si dimentica, infatti, che in fondo siamo tutti mendicanti: per questo anche i poveri hanno risorse da offrire.
In conclusione, poi, il cardinal Tagle ha parlato dell’ Anno della Misericordia, e come questa chiama a toccare le ferite della gente che soffre. Il Signore risorto mostra a Tommaso le sue ferite e insiste perché l’Apostolo metta le mani nelle sue ferite: proprio da questa esperienza nasce la più alta professione di fede, il “Mio Signore e mio Dio”. E’ come dire che chi chiude gli occhi di fronte alle ferite non può professare la fede perché solo le ferite dell’amore e della compassione, come quelle di Gesù, possono curare le ferite del mondo. Il presidente, card. Montenegro, ha poi concluso la serata invitando a guardare lontano con l’augurio che nelle nostre Caritas si parli più di poveri che di povertà: il Signore ha consegnato a loro la buona novella e per conoscerla dobbiamo andare da loro. Il Dio in cui noi crediamo è, infatti, un Dio che odora d’uomo.