ZAMBIA – Una risposta d’emergenza, ma senza precedenti nei numeri: questo è stata la massiccia campagna di vaccinazione contro il colera, lanciata nelle scorse settimane dall’organizzazione non governativa Medici senza frontiere (Msf) a Lusaka.
L’obiettivo è vaccinare oltre mezzo milione di persone che abitano nei compounds, le baraccopoli della capitale dello Zambia, dopo che in diverse di queste aree si sono verificati centinaia di casi di colera (nella terza settimana di aprile erano 804, con 15 vittime).
A provocare l’epidemia, la prima dopo circa cinque anni, è stata probabilmente una combinazione di fattori: prima il ritardo nella stagione delle piogge ha prosciugato molti pozzi che fornivano acqua potabile, poi le precipitazioni troppo abbondanti e le scarse condizioni igieniche (nei compounds mancano le fognature e sono numerose le latrine a cielo aperto) hanno reso inquinata quella disponibile.
Primo passo. La situazione, che ha messo alla prova il sistema sanitario locale, ha portato Medici senza frontiere a lanciare la campagna di vaccinazioni, descritta come la più grande di sempre. Sono stati oltre 1.100 volontari, affiancati dallo staff dell’Ong e del locale ministero della Salute, a distribuire gratuitamente i vaccini all’interno dei compound. È in uno dei più colpiti, Bauleni, alla periferia est della capitale, che vive e lavora Diego Cassinelli, volontario italiano dell’Organizzazione no profit “In&Out of the Ghetto”, impegnata in diversi programmi sociali. “L’iniziativa di Msf è stata positiva – spiega – anche se è arrivata quando l’epidemia si stava stabilizzando: ma ora il vaccino permetterà di avere una copertura contro la malattia che durerà qualche anno”. Un tempo che, secondo il volontario italiano, andrà impiegato per progettare interventi più duraturi. “Anche al di là del colera – prosegue infatti – qui la salute è la prima preoccupazione: bisogna agire per risolvere le questioni più urgenti, come lo smaltimento dei rifiuti”. Anche secondo Medici senza frontiere, la vaccinazione, pur pensata per bloccare la malattia almeno a medio termine, dev’essere solo un primo passo. “Non è l’unica soluzione – ha notato la coordinatrice del programma d’emergenza dell’organizzazione, Caroline Voûte -. Dovrebbe essere unita alla cura dei pazienti e all’educazione sanitaria: allo stesso tempo dovrebbero essere garantiti i servizi idrici e igienici in modo da ridurre il rischio di future epidemie”.
Questioni sociali. La questione, dunque, diventa quella delle risorse, sia finanziarie sia umane, da destinare ai compounds, che rischiano sempre più di vedere le condizioni di vita deteriorarsi rispetto a quelle di altre aree della città e l’emarginazione crescere, con tutte le sue conseguenze. Quanto concreto sia questo pericolo, l’ha mostrato un altro evento, avvenuto proprio all’indomani della diffusione del colera: l’attacco ad alcuni negozi – una sessantina – di proprietà di stranieri, soprattutto ruandesi, che sono stati poi saccheggiati. A far esplodere la violenza sono state le dicerie su alcuni casi di omicidio, ma anche le questioni sociali. “Non è accaduto in altri quartieri, ma solo nei compounds, dove pure tutto era stato tranquillo finché, a causa dell’inflazione, la gente non ha iniziato ad avere difficoltà anche nel comprare i prodotti di base”, testimonia ancora Cassinelli. Il nesso tra condizioni di vita e disordini è stato poi sottolineato anche dalla Chiesa cattolica locale, che già era stata in prima linea nel rispondere all’epidemia di colera attraverso strutture come il “cardinal Adam Memorial Hospital”, proprio a Bauleni.
“Come Paese, dobbiamo rimboccarci le maniche e trovare soluzioni sostenibili ai problemi economici e sociali”,
ha dichiarato – dopo aver ribadito la condanna di “ogni forma di violenza”- padre Cleophas Lungu, segretario della Conferenza episcopale. Una sfida, quest’ultima, che può essere vinta solo puntando sul fattore umano in tutti i campi. “Bisognerebbe intervenire, prima di tutto con provvedimenti-cuscinetto per garantire il potere d’acquisto dei cittadini – conclude Cassinelli – ma poi anche con possibilità di formazione accessibili a tutti, migliorando il sistema scolastico soprattutto nei compounds e più in generale i servizi sociali, compresa la sanità”.
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