“Essere presenti, ascoltare, sostenere e accompagnare” sono gli atteggiamenti principali che potrebbero assumere quanti operano con i giovani, individuati dai responsabili della pastorale giovanile e di quella universitaria delle Conferenze episcopali in Europa in risposta alle sollecitudini dei relatori, quattro giovani universitari, provenienti dall’Ungheria, Romania, Italia e Svezia, veri protagonisti dell’incontro CCEE svoltosi dal 27 al 29 aprile a Szeged (Ungheria).
Interpellati sulle domande, i problemi e le attese che portano nel cuore, i giovani universitari intervenuti a Szeged hanno mostrato la sana inquietudine che anima la maturazione dei loro coetanei in quel delicato passaggio della vita in cui abbandonano definitivamente l’adolescenza per prendere in mano il proprio futuro, la propria vita.
Nel tentativo di dare significato alla propria esistenza, al proprio ruolo e posto in questa “società che li ha adottati”, nel voler essere amati e poter a loro volta amare, è la solitudine che oggi sembra spaventare di più i giovani. I loro grandi interrogativi – questioni anche molto concrete (quale sarà il mio futuro fra sei mesi; come dovrò scegliere il mio partner; chi sono i miei veri amici; che cosa significa dio per me; come usare il mio tempo; quali dovrebbero essere le mie priorità nella vita; che cosa mi motiva nel portare a termine i miei compiti; sono forse io all’altezza dell’esperienza di fede che mi è proposta…) – se vissuti da soli, si trasformano spesso in angosce profonde, in vere e proprie forme di ansia se non addirittura in depressione.
Da qui la raccomandazione a quanti si dedicano alla cura pastorale dei giovani di sapere essere innanzitutto amici disponibili, specie nei momenti difficili o d’incertezza; persone che sappiano ascoltare più che giudicare, sostenere nel valorizzare e promuovere le abilità di ognuno e soprattutto che sappiano accompagnare, capaci di responsabilizzare il giovane stesso nel proprio cammino verso la maturità.
Dall’altra parte, le numerose esperienze presentate dai partecipanti mostrano una realtà molto ricca e attiva, con giovani desiderosi di dare del proprio tempo, di condividere le proprie competenze e risorse. Le numerose esperienze registrate un po’ ovunque nel continente, in particolare nell’annuncio della fede, e nell’ambito della carità o della “lotta” all’ingiustizia sociale, a volte portate avanti anche con altre chiese cristiane o religioni, mostrano bene come, se adeguatamente stimolati, i giovani sono capaci di grandi risposte, capaci di uscire dalla propria auto-referenzialità e di andare all’essenziale della loro fede.
I giovani, infatti, non rifiutano l’incontro, la relazione, la Chiesa, anzi sono alla ricerca e aspirano a relazioni vere e profonde con i propri coetanei, i propri cappellani e con Gesù Cristo. Quello che temono di più, sembra essere innanzitutto il giudizio. Per loro, il giudizio dell’altro è molto importante e può costituire un vero handicap specie laddove manca una reale auto-stima. La loro vita è cosparsa, infatti, d’istituzioni e relazioni giudicanti (la propria e-reputation nei social media, il giudizio dei propri amici e famigliari, quello degli esami in università…) e pertanto non accettano una Chiesa giudicante. Vogliono una Chiesa che li accoglie per quello che sono, con le loro domande, i loro dubbi, che non dice loro cosa fare e come essere, ma che sappia accompagnarli nelle loro risposte, e a volte anche nell’individuare le giuste domande. Una Chiesa insomma che non ha paura di rivolgere loro proposte e sfide anche impegnative.
In particolare oggi, la mancanza di lavoro, associata a varie forme d’insuccessi formativi, acuisce questo stato d’insicurezza, questa incapacità a gestire il proprio futuro e la stessa sfiducia nella propria persona. Purtroppo, in Europa, il numero di giovani inattivi cresce in modo allarmante. Oltre a tutte le ripercussioni che questa inattività reca sul piano sociale ed economico, il vero dramma si gioca a livello della persona. “Molti problemi dei giovani inattivi – hanno detto i giovani a Szeged – sono invisibili, nascosti dietro a piccole certezze, che si trasformano spesso in vere e proprie addizioni”.
Nel corso dell’incontro, che ha visto anche la partecipazione di mons. Ferenc Palánki, Vescovo responsabile per la pastorale giovanile in Ungheria, e di altri cappellani universitari del paese, Padre Levente Serfőző ha presentato la situazione della pastorale giovanile e universitaria in Ungheria. Con l’oltre 50 % della popolazione cattolica, nonostante il lungo periodo di persecuzione della Chiesa nel secolo scorso, la pastorale giovanile appare oggi una realtà organizzata e coordinata, con numerosi incontri e progetti, anche ecumenici e di pre-evangelizzazione, in particolare con una spiccata attenzione alle attività di volontariato socio-caritativo e ambientale. In ambito della pastorale universitaria, accanto alle quindici cappellanie presenti sul territorio ungherese, è stato ricordato l’importanza che riveste la presenza dei collegi universitari. Da sottolineare, l’attenzione specifica data alla popolazione Rom, con programmi e realtà specifiche volte all’accompagnamento dei giovani rom.
Infine, parte dei lavori è stata dedicata alla riflessione attorno al documento di lavoro per il prossimo Simposio sull’accompagnamento dei giovani nel loro cammino di fede che si svolgerà a Barcellona nel marzo 2017.
I lavori, guidato da don Michel Remery, Vice Segretario Generale del CCEE e da padre Leon Ó’Giolláin, Segretario della sezione “Università” della Commissione CCEE “Catechesi, Scuola e Università” presieduta da mons. Marek Jędraszewski hanno visto anche la partecipazione di mons. László Kiss-Rigó, Vescovo di Szeged e, nella sessione inaugurale, del Rettore dell’Università Gál Ferenc Főiskola, Kozma Gábor e del Rettore dell’Università di Szeged, Szabó Gábor. All’inizio dei lavori è stata data lettura di un messaggio del Ministro ungherese delle Risorse Umane, Zoltán Balog, e di quello del Cardinale Giuseppe Versaldi, Prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica.
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