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La letteratura degli intoccabili: a Mumbai la rivoluzione inizia dai libri

Di Rino Farda

In India gli intoccabili (li chiamano Dalit) vivono ancora ai margini della società e subiscono violenze e orrori quotidiani. Ogni settimana 21 donne Dalit vengono violentate, 5 case Dalit vengono bruciate e 13 Dalit vengono uccisi. Tutto succede nella quasi indifferenza generale. Qualcosa però sta cambiando. Un cambiamento lento, più culturale che politico, una consapevolezza crescente che qualcuno, in India, comincia a paragonare alle rivolte dei neri in Usa nel secondo dopoguerra. Questa rivoluzione silenziosa ha trovato il suo strumento più potente nei libri. L’hanno già soprannominata “letteratura Dalit”. Anand, fondatore di “Navayana”, una casa editrice anti casta, dopo più di 10 anni di attività dice che il modello di business di questa particolare forma di editoria è più che sostenibile. Il “libro strano”, dice, arriva a vendere anche 10mila copie. Un successo per una forma di letteratura non commerciale.

Il fenomeno ha preso vita negli anni Sessanta nel Maharashtra, lo Stato della città di Mumbai. In quel periodo nacque anche un’organizzazione chiamata “Dalit Panther” sul modello delle pantere nere di Harlem ma, al contrario di quello che  avvenne negli Usa, non fu la violenza a prevalere.

Da questa specie di “rinascimento” emerse invece una nuova forma di letteratura.

La presenza di voci Dalit non è nuova. Secondo gli studiosi della letteratura indiana, alcune delle tradizioni più interessanti sono proprio di origine Dalit, “come Bhakti, autore di una nota forma di poesia devozionale”, dice Anand. Nonostante le punte di eccellenza del passato, “il lavoro Dalit, adesso, sta vivendo un momento di nuova vitalità”, afferma Anand. E’ il caso di Ajay Navaria, uno scrittore che è stato anche già tradotto e pubblicato all’estero. Tra gli altri, Navaria ha scritto “Unclaimed Terrain”, sulle realtà rurali e le atrocità che spesso rendono drammatica la vita degli intoccabili nelle vaste campagne indiane. La nuova generazione di scrittori Dalit, spiega Anand, viene dalle città e gli scrittori urbani, come Navaria, affrontano in modo diverso il tema delle violenze e dell’ingiustizia. “Potranno dare alla protesta una nuova forza e un nuovo fascino”, dice.

La consapevolezza sociale sta crescendo e ci sono ormai poliziotti e magistrati non Dalit che hanno deciso di sposare la causa degli intoccabili. Il problema però è ancora molto sentito e soprattutto nelle grandi città si continua a respirare una sorta di odio mascherato.

Uno dei libri più venduti del catalogo di Anand è “The Annihilation of Caste” di B. R. Ambedkar, l’uomo che ha guidato la stesura di una costituzione dell’India indipendente e che spesso era in disaccordo con Gandhi. Il libro contiene un manifesto molto radicale per la lotta dei diritti dei Dalit. Un lungo “discorso” sulla libertà che l’autore, Ambedkar, non riuscì mai a tenere in pubblico. Per la pubblicazione di questo testo, Anand ha scelto di aggiungere le note e i commenti di Arundhati Roy, una scrittrice non Dalit, molto famosa in India e vincitrice di molti riconoscimenti nazionali e internazionali. “Una scelta necessaria. Per portare all’attenzione del pubblico più vasto un autore intoccabile abbiamo ancora bisogno del traino di uno scrittore che invece non sia Dalit”, spiega Anand. L’India sta cominciando finalmente a fare i conti con il secolare dramma degli intoccabili. La produzione legislativa al riguardo però è ancora minimalista e “somiglia ad un patchwork, frammentata in mille francobolli”, dice Anand. E la letteratura? “Per il momento è ancora irrilevante ma ti fa piangere. Un modo sofisticato di piangere sulla nostra condizione”. Papa Francesco parla spesso delle periferie del mondo per ricordare a tutti che questi nostri fratelli “hanno un’anima esattamente come noi”. Possono farci ridere o farci piangere. La letteratura serve anche a questo. “L’intero destino di un paese dipende dalla sua classe intellettuale”, dice Anand. Forse dipende anche da ciò che hanno nelle loro librerie.

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