“Il dialogo ecumenico e interreligioso non è un lusso, ma quachea di essenziale di cui il nostro mondo sempre più ferito ha bisogno”. Lo ha detto il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, concludendo ieri al Senato l’incontro su “Libertà religiosa, diritti umani, globalizzazione”, promosso e moderato dal giurista Carlo Cardia. “Realizzare una prospettiva di pace di cui il mondo ha bisogno e senza la quale si aprono solo nuove strade di violenza e sofferenza” è il compito affidato dal cardinale ai leader religiosi, chiamati ad un “impegno importante a servizio del bene comune”, a fare da “tessuto connettivo” dei vari Paesi e delle rispettive politiche di pace. Di qui la necessità che i vari leader religiosi, come chiede Papa Francesco, si attivino per un’opera di “supplenza alla democrazia che riguarda gli Stati”. Per Parolin, si tratta di “un compito nuovo che deve spingere i leader ad agire come strumenti di pace e di pacificazione per il loro governo”, coniugando “il concetto di dialogo con il concetto di pace”. “Oggi si fanno le guerre senza nemmeno dichiararle” e senza alcuna regola o limite: per questo è necessario “fare tutto il possibile per la riconciliazione tra le parti”, agendo “come soggetti di pace” per “offrire soluzioni alternative a quelle di natura bellica”. Non solo “risolvere i conflitti”, ma adoperare “anche dopo che si è ottenuta la pace”, che va stabilizzata “attraverso un sistema di riconoscimento dei diritti umani fondamentali”. È questa, per il segretario di Stato vaticano, la nuova frontiera del dialogo ecumenico ed interreligioso, a partire della consapevolezza che “le religioni possono svolgere questo ruolo importante di pacificazione” anche dopo i conflitti, scongiurando “sofferenze, rancori, vendette” e combattendo “le cause strutturali della povertà della fame”, insieme a tutte le altre “forme di ingiustizia” che danno luogo alla “cultura dello scarto”. Nella prima parte del suo intervento, Parolin si è soffermato sull’”evoluzione significativa” del ruolo della Chiesa cattolica a tutela della libertà religiosa, che oggi non è più solo tutela della “libertas Ecclesiae” ma tutela “della libertà di tutti i credenti, di tutte le persone umane che oggi soffrono” in quanto minoranze religiose o etniche. “Da quando il cristianesimo ha prodotto la distinzione tra spirituale e temporale, questa distinzione ha dato molti frutti”, ha fatto notare Parolin, stigmatizzando quella “persistente prassi laicista che vuole eliminare le religioni dagli spazi pubblici”. Quella della Chiesa, ha concluso, è “una laicità matura, inclusiva e accogliente nel rispetto della dignità degli altri e nel rifiuto di ogni forma di violenza alla dignità umana”: di qui lo “sgomento” per il “moltiplicarsi dei martiri cristiani” e per l’”indifferenza” che “chiama in causa tutti”.