Zenit di Salvatore Cernuzio
È scandita dallo scrosciare della pioggia la catechesi di Papa Francesco durante l’udienza giubilare di in piazza San Pietro. Prima di pronunciarla, il Pontefice si rivolge infatti ai numerosi pellegrini che affollano la piazza sotto ombrelli colorati e dice: “Non sembra tanto buona la giornata ma voi siete coraggiosi e siete venuti con la pioggia”.
Chiede quindi di unirsi in preghiera agli ammalati che seguono l’udienza in Aula Paolo VI. “Vi faccio la proposta di salutarli con un applauso, anche se non è facile fare l’applauso con l’ombrello in mano”, scherza il Papa.
Poi avvia la sua riflessione, tutta incentrata su un nuovo aspetto della misericordia: la pietà. Quella che non va confusa con pietismo né con la compassione che si rivolge agli animali; la pietà che tutti dovremmo provare davanti alle sofferenze dei nostri fratelli. La pietà di cui Maria è icona, a cui Dante rende omaggio con la sua poesia alla Vergine nelParadiso.
È quella pietà, spiega il Santo Padre, “che consiste nel provare pietà o impietosirsi nei confronti di quanti hanno bisogno di amore”. Dunque non la pietas del mondo greco-romano che indicava un atto di sottomissione ai superiori. “Oggi dobbiamo stare attenti a non identificare la pietà con quel pietismo, piuttosto diffuso, che è solo un’emozione superficiale e offende la dignità dell’altro”, sottolinea Bergoglio.
Allo stesso modo, “la pietà non va confusa neppure con la compassione che proviamo per gli animali che vivono con noi; accade, infatti, che a volte si provi questo sentimento verso gli animali, e si rimanga indifferenti davanti alle sofferenze dei fratelli”, osserva Francesco. E a braccio aggiunge: “Vediamo tanta gente attaccata ai gatti, ai cani, poi lasciano senza aiutare la fame del vicino, della vicina…. questo no. No, eh! D’accordo?”.
La pietà di cui il Vescovo di Roma parla non è altro che “una manifestazione della misericordia di Dio”; uno dei sette doni dello Spirito Santo “che il Signore offre ai suoi discepoli per renderli docili ad obbedire alle ispirazioni divine”. Quella pietà che nei Vangeli invocano da Cristo persone malate, indemoniate, povere o afflitte.
“In tali invocazioni di aiuto o richieste di pietà, ognuno esprimeva anche la sua fede in Gesù”, annota il Papa, “intuivano che in Lui c’era qualcosa di straordinario, che li poteva aiutare ad uscire dalla condizione di tristezza in cui si trovavano”.
E Gesù rispondeva a costoro “con lo sguardo della misericordia e il conforto della sua presenza”. Anche se la folla si accalcava, Egli “si accorgeva di quelle invocazioni di pietà e si impietosiva, soprattutto quando vedeva persone sofferenti e ferite nella loro dignità, come nel caso dell’emorroissa”.
“Per Gesù – sottolinea infatti Francesco – provare pietà equivale a condividere la tristezza di chi incontra, ma nello stesso tempo a operare in prima persona per trasformarla in gioia”. Tutti noi cristiani siamo dunque chiamata “a coltivare atteggiamenti di pietà davanti a tante situazioni della vita, scuotendoci di dosso l’indifferenza che impedisce di riconoscere le esigenze dei fratelli che ci circondano e liberandoci dalla schiavitù del benessere materiale”.
L’esempio a cui guardare è la Vergine Maria, “che si prende cura di ciascuno dei suoi figli ed è per noi credenti l’icona della pietà”. Dante Alighieri la celebrava infatti con un’appassionata preghiera posta al culmine del Paradiso, di cui Bergoglio cita un passaggio: “In te misericordia, in te pietate, In te magnificenza, in te s’aduna. Quantunque in creatura è di bontate!”.