L’inclusione è la prima delle “prassi” che un umanesimo “capace di dire ed esprimere la sua novità e la sua validità” deve attivare. Ne è convinto il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, intervenuto ieri sera ad Ancona alla IV edizione de “Le giornate dell’anima”. Presenti anche i giovani studenti del seminario Regionale delle Marche.
L’inclusione, ha spiegato, “è il contrario dell’esclusione, ma è anche altro rispetto alla logica della separazione e della contrapposizione. La logica del Vangelo è logica dell’incontro”. L’inclusione dei poveri alla quale è dedicato gran parte del quarto capitolo dell’Evangelii gaudium “non è un’operazione sociologica; è piuttosto l’impegno a restituire al povero la dignità che gli è stata sottratta”. “Qui e solo qui trova qui la sua giustificazione la partecipazione dei credenti alla vita pubblica e l’impegno per contribuire a costruire un mondo migliore, senza la pretesa di possedere il monopolio della interpretazione della realtà ecclesiale o la soluzione perfetta per i problemi contemporanei”. Per Galantino, “è quello che già affermava Paolo VI nella Octogesima adveniens ed è quello che papa Francesco ha ribadito al n. 184 della Eg . Assumere infatti il punto di vista dei poveri, in vista della loro inclusione, vuol dire prima di tutto ridefinirsi come Chiesa povera e per i poveri, che sa anche imparare da loro, lasciarsi evangelizzare da loro e dal loro modo di stare davanti a Dio e ai fratelli”. Il richiamo, infine, all’impegno affidato dal Papa a Firenze alla Chiesa italiana: “Sia una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa”.
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