Di Giovanna Pasqualin Traversa
I risultati raggiunti alla Cop21, la Conferenza sul clima tenutasi a Parigi lo scorso dicembre, ossia l’impegno a mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5°C rispetto all’era pre-industriale, e il relativo accordo sottoscritto il 22 aprile a New York, sono solo una cornice all’interno della quale inserire le azioni concrete che gli Stati dovranno mettere in campo per contrastare i danni dei cambiamenti climatici. Il primo bilancio di questi accordi si terrà nel 2023; successivamente la revisione avverrà ogni 5 anni. Nel frattempo occorre vigilare affinché non si trasformino in una scatola vuota. “Clima, dubbi e speranze dopo Parigi” è il tema della giornata di studio tenuta a Firenze dall’associazione Greenaccord onlus in collaborazione con la Regione Toscana.
Strategia energetica nazionale. Per Giampiero Maracchi, presidente dell’Accademia dei Georgofili, le decisioni assunte alla Cop21 non sono sufficienti a bloccare il climate change.
Mancano “gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi” e “si rimanda a organismi futuri e a soluzioni non cogenti, mentre i combustibili fossili e l’effetto serra continuano a crescere”.
Il fenomeno del surriscaldamento globale, avverte, “è però qualcosa di ben più complesso della semplice crisi climatica”. Se la direzione obbligata è quella della progressiva decarbonizzazione, occorre potenziare ma anche semplificare “le politiche per l’efficienza energetica, la mobilità sostenibile, le fonti rinnovabili”, osserva Alessandro Carettoni (ministero Ambiente). Il passaggio verso un nuovo modello non più dipendente dalle fonti fossili garantirà importanti opportunità di sviluppo a numerosi settori produttivi italiani, assicura Luca Di Donatantonio (ministero Sviluppo economico) annunciando che
il dicastero procederà a breve all’aggiornamento della Strategia energetica nazionale (Sen) introdotta dal governo Monti nel 2013,
Sette gli obiettivi previsti: efficienza energetica, sviluppo di un mercato competitivo e di un hub del gas sud-europeo; sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili; sviluppo dell’infrastruttura e del mercato elettrico; ristrutturazione della raffinazione e della rete di distribuzione dei carburanti; produzione sostenibile di idrocarburi nazionali; modernizzazione del sistema di governance.
Non si può più perdere tempo, aggiunge Giuseppe Ricci, di Eni:
“Al 2011, l’umanità ha già immesso nell’atmosfera i 2/3 del budget di emissioni a nostra disposizione prima che il surriscaldamento globale provochi cambiamenti irreversibili. Ci rimangono appena 1000 GT (miliardi di tonnellate) di CO2 da consumare. E’ urgente invertire la rotta”.
Tra le fonti fossili, è il carbone il responsabile di quasi la metà delle emissioni globali di gas climalteranti legati all’energia (il petrolio ne causa 1/3 e il gas un altro 20%). “La strategia futura delle aziende oil & gas – spiega Ricci – è cruciale per condurre l’economia verso un assetto low carbon”. Per questo, Eni “ha deciso di collegare le politiche di remunerazione del top management al rispetto degli obiettivi di riduzione della CO2.
Dal 2010 al 2015 abbiamo ridotto le emissioni dirette del 28%, soprattutto attraverso la riconversione di chimica e raffinerie, e la progressiva eliminazione del flaring (combustione di gas, ndr). Entro il 2025 puntiamo a ridurre ulteriormente le emissioni del 22% rispetto al 2014″.
Energie rinnovabili. “Un settore ormai maturo”, le definisce Antonio Nicola Negri (Gestore servizi energetici) ricordando gli effetti prodotti negli anni dai cinque conti energia d’incentivazione dei pannelli fotovoltaici,
“17701 MW di potenza garantita dagli impianti installati, con le regioni del Sud Italia che per una volta guidano la classifica delle regioni che più hanno sfruttato questa opportunità”.
Negri ha annunciato per i prossimi giorni il nuovo decreto sugli incentivi che sostituirà quelli previsti finora per fotovoltaico, eolico e biomasse. Altro importante tassello è l’efficientamento energetico al quale può contribuire lo sviluppo delle Esco, le Energy service company che aiutano imprese e cittadini a sviluppare programmi di efficienza energetica. “L’unico intervento – afferma Alessandro Pascucci di Federesco – che può assicurare sviluppo e futuro per il Paese”, ma occorre
“un’azione culturale immediata che parta dalle scuole mentre sul piano politico è necessario che il governo renda operative le disposizioni previste dal legislatore”.
Non è solo il settore energetico a essere tuttavia coinvolto nel processo di decarbonizzazione. Per Francesco Ciancaleoni (Coldiretti) anche il comparto agricolo, responsabile del 6,9% delle emissioni nazionali, “deve intervenire sui processi agricoli producendo energia a fonti rinnovabili e diffondendo modelli di produzione meno intensivi”. Strategiche le scelte dei consumatori: filiera corta e prodotti stagionali del proprio territorio da agricoltura biologica. Non ci sono deleghe, ognuno deve fare la propria parte.