Ottanta responsabili della comunicazione provenienti da una quarantina di diocesi italiane si sono ritrovati a Roma, presso il Centro Congressi Aurelia, per approfondire i temi del “Rapporto giovani 2016” (edito da Il Mulino), curato dall’Istituto Giuseppe Toniolo, e per confrontarsi insieme all’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali sulle risposte che le comunità cristiane stanno cercando di offrire.
La mattinata è stata segnata dagli interventi del prof. Alessandro Rosina, tra i principali curatori del Rapporto, che ne ha commentato i dati più interessanti e ha spiegato i criteri di realizzazione del lavoro, e poi della prof.ssa Paola Bignardi, che ha approfondito l’aspetto del rapporto tra giovani e fede in Italia (“Dio a modo mio” il titolo della ricerca).
Rosina ha analizzato alcuni dati che evidenziano come il nostro paese stia subendo un vero e proprio degiovanimento (6,5 milioni di giovani under 30 anni in meno rispetto alla Francia ed ultimo paese in Europa per numero di giovani) con il paradosso che nonostante questo la generazione dei giovani è anche la meno valorizzata e quella sulla quale meno si investe e meno si pensa in fatto di tutele sociali.
Dallo studio emergono due categorie di giovani in crescita:
NEET
Under 35 che non studiano e non lavorano (3,5 milioni)
Soprattutto con titoli medio-bassi e nel Sud (ma non solo)
Italia principale fabbrica di Neet in Europa (oltre 1 su 4)
EXPAT
Under 35 che cercano opportunità di studio e lavoro oltre i confini
Soprattutto dal Nord, con titoli medio-alti, dinamici e intraprendenti
Italia uno dei paesi con saldo negativo maggiore tra i grandi paesi europei
L’Italia è il peggior paese per combinazione di:
•meno giovani,
•più Neet (inattivi, scoraggiati)
•più Expat (talenti che se ne vanno).
Nonostante questo quadro profondamente negativo che dovrebbe interpellare con forza non solo il nostro governo ma tutte le realtà sociali dal quadro emerge una generazione soprattutto disorientata perché piena di progetti di vita, potenzialmente intraprendente e aperta al mondo, ma poco aiutata a trovare la propria strada, le cui energie positive non sono indirizzate a dare il meglio di se’ ed a produrre nuova ricchezza e benessere economico.
Sono gli stessi giovani, come emerge dal rapporto che chiedono a se stessi maggiore adattamento ed intraprendenza, alla scuola delle competenze avanzate, alle aziende remunerazione e valorizzazione ed al Paese il coraggio di investire sulla crescita.
Nel secondo intervento la prof.ssa Bignardi ha illustrato il rapporto con la fede che è emerso da uno studio condotto su 150 giovani di tutta Italia (la generazione del Millennial, giovani nati tra la fine degli anni ‘80 ed il 2000) attraverso una serie di domande riguardanti cinque tematiche fondamentali: i percorsi della fede, le domande sulla religione, le immagini della fede, la Chiesa e le altre religioni. Dalla ricerca emerge che questi giovani dicono di credere in Dio ma conoscono poco Gesù Cristo, sono innamorati di papa Francesco ma non della Chiesa, pensano sia bello credere ma fanno fatica ad andare a messa, cercano nella comunità delle relazioni coinvolgenti e pregano a modo loro. Queste risposte, solo apparentemente contraddittorie, rappresentano per noi comunità cristiana una grossa sfida da raccogliere e alla quale bisogna rispondere sollecitandoci ad analizzare i nostri stili di vita, la nostra credibilità in quanto educatori, il nostro modo di comunicare, il rapporto tra fede e cultura, sapendo che le nostre comunità cristiane, le nostre liturgie non possono fare a meno dei giovani.