ZENIT di Luca Marcolivio

Papa Francesco torna a tuonare contro il traffico di esseri umani. Lo ha fatto stasera in un nuovo vibrante discorso in occasione del vertice promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, che ha visto la convocazione di procuratori e magistrati da tutto il mondo presso la Casina Pio IV.

Nella lotta alla criminalità organizzata, al racket della prostituzione e alle nuove forme di schiavitù, il Santo Padre ha auspicato che l’ingiustizia “non abbia l’ultima parola” e che tutte le personalità presenti al vertice, possano dar vita a un “moto trasversale” per questa sfida.

Il Pontefice ha deplorato prostituzione, narcotraffico, commercio di persone e di organi come “veri e proprie crimini contro l’umanità”, che tutti i leader politici e religiosi devono necessariamente riconoscere come tali.

La Chiesa – ha proseguito il Papa – è chiamata a impegnarsi per essere fedele alle persone, ancora di più se si considerano le situazioni dove si toccano le piaghe e le sofferenze più drammatiche”. In tal senso, la Chiesa, ha aggiunto, non deve farsi estromettere dal dibattito politico; al contrario deve farsi largo nella “grande politica”, perché, come affermava il beato Paolo VI, “la politica è una delle forme più alte dell’amore”.

Rivolto in particolare ai giudici presenti, Francesco ha chiesto di “farsi carico della propria vocazione”, ovvero sentirsi liberi dalle “pressioni dei governi”, dalle “istituzioni private” e, in ultima analisi, da quelle che San Giovanni Paolo II chiamava “strutture del peccato”.

Bergoglio ha denunciato i pericoli della corruzione della magistratura, spesso sottoposta a “pressioni” e “minacce”, ed ha riconosciuto il “coraggio” di molti giudici “che vogliono andare avanti, rimanendo liberi nell’esercizio delle proprie funzioni giuridiche”.

“Senza questa libertà – ha osservato – il potere giudiziario di una nazione si corrompe e genera corruzione. Tutti conosciamo la caricatura – in questo caso – della giustizia: la giustizia con gli occhi bendati”.

Compiacendosi dell’approvazione all’unanimità della risoluzione Onu che promuove l’eliminazione delle “forme moderne di schiavitù” – dall’impiego di bambini-soldato al lavoro infantile – entro il 2015, il Pontefice auspica un “moto trasversale” e “ondoso” che coinvolga l’intera società.

“Chiedo ai giudici – ha detto – di realizzare la propria vocazione e missione essenziale, di stabilire la giustizia senza la quale non vi è ordine, né sviluppo sostenibile e integrale, né pace sociale”.

“Fare giustizia” delle vittime della tratta di esseri umani, ha puntualizzato, è qualcosa che non va scisso dalla misericordia, e deve sempre prendere in considerazione la rieducazione degli sfruttatori e il loro reinserimento nella società.

Quanto alle vittime, esse sono spesso “tradite nella parte più intima e sacra della persona, cioè nell’amore che essere aspirano a dare e a ricevere, e che le loro famiglie devono loro o che viene loro promesso da pretendenti o mariti, e che invece finiscono vendute sul mercato del lavoro forzato, della prostituzione o della vendita di organi”.

Il reinserimento nella società delle vittime, ha aggiunto il Santo Padre, può avvenire anche con l’ausilio di “buoni giudici”, chiamati a “dare speranza”, affinché l’ingiustizia non abbia “l’ultima parola”.

Sul piano pratico, il Papa suggerisce di seguire la “prassi italiana” di recuperare i beni dei criminali e investirli nel recupero delle vittime: è “il bene maggiore che possiamo fare loro, alla comunità e alla pace sociale”.

In conclusione, Francesco si è soffermato sul concetto di “fare giustizia”, ovvero di non infliggere una “pena chiusa in se stessa” e senza alcuno sbocco di “speranza”: ciò sarebbe soltanto una “tortura”, ha detto, facendo leva sulla contrarietà della Chiesa alla pena di morte.

 

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