“Investire sulla liturgia, perché sia attenta alle periferie, può anche significare celebrarla più spesso in luoghi diversi dalla Chiesa, in modo da portare un segno di presenza sul territorio; può significare ancora porre in essa gesti concreti di solidarietà e di attenzione ai poveri e ai malati”. Ne è convinto monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, che intervenendo ieri sera ad un incontro di formazione organizzato dalla diocesi di Parma si è soffermato sulla liturgia come “ambito fondamentale della vita ecclesiale, nel quale l’impulso missionario e l’atteggiamento misericordioso deve manifestarsi”. “Dobbiamo interrogarci su quale sia l’immagine di Chiesa che emerge dalle nostre celebrazioni, che sono uno specchio di come siamo”, il suo invito: “Chi ci vede, caso mai per la prima volta, sperimenta l’accoglienza? Si accorge dell’attenzione data ai poveri? Percepisce che ci vogliamo bene e cerchiamo di perdonarci a vicenda, camminando nella fraternità? O può avere l’impressione che quelle che si ritrovano siano persone che si conoscono poco, o addirittura si ignorano o si giudicano, che non compiono un itinerario di fede comune ma solo casualmente siedono accanto?”. La novità della “Chiesa secondo Francesco”, la tesi del segretario generale della Cei, “deve vedersi anzitutto nelle nostre assemblee”. La liturgia, cioè, “per prima deve essere missionaria, fonte di misericordia e aperta”, perché “non è il luogo dell’intimità intraecclesiale e della chiusura al mondo, alla quale far seguire la missione”, ma è piuttosto “il primo momento missionario, il primo luogo dell’accoglienza e dell’apertura”. “Valorizzare anzitutto le nostre celebrazioni, vivendole in modo attivo, partecipe, accogliente e inclusivo”, l’invito di Galantino: “Preoccupiamoci di più, nelle nostre comunità e associazioni, di quanti sono impossibilitati a partecipare alla liturgia, in modo da facilitarne la partecipazione, o portare loro la comunione eucaristica, o raggiungerli con un segno di amicizia e di fraternità”.