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Spaventa soprattutto i genitori il via libera allo smartphone in classe

Alberto Campoleoni

Educare all’uso consapevole è meglio che vietare. Sembra una di quelle affermazioni con le quali non si può non essere d’accordo e il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone vi si appella per spiegare l’intenzione del governo di togliere il divieto agli smartphone in classe. Un divieto in vigore dal 2007, ma che – spiega Faraone –

“come ogni atteggiamento luddista, è oggi fuori dal tempo. Si tratta solo di prendere atto della realtà e trasformare uno strumento concepito solo come qualcosa da proibire in uno strumento utile per la didattica”.
La “provocazione” è servita, poiché le anticipazioni del sottosegretario sono destinate a far discutere non solo gli addetti ai lavori. E a discutere ad ampio raggio, con riflessioni legate sia all’uso proprio degli strumenti tecnologici nelle aule – smartphone e tablet in particolare – sia alle tante e possibili “variazioni” sul tema, che vanno dai rischi della distrazione alle ricadute sui processi di apprendimento, fino alle questioni del cyberbullismo. E proprio questo aspetto preoccupa non poco dentro e fuori dalle aule scolastiche.
Mi tant’è: da Viale Trastevere viene l’indicazione di un cambio di rotta rispetto a quella tenuta finora e non è poca cosa. Cambio che mira, in prospettiva, alla realizzazione del Piano digitale su cui il governo sta investendo. “Molto presto quasi tutte le scuole italiane saranno cablate – ha spiegato Faraone – e se saranno cablate dovremo dotare gli studenti di strumenti che probabilmente già hanno, per poter sviluppare una didattica che deve essere assolutamente orizzontale nell’utilizzo del digitale. Il tema non è prevedere l’ora di informatica, ma un uso del digitale come strumento di didattica abbastanza normale, come già accade nella vita quotidiana di ragazzi e ragazze”.
Il ragionamento non fa una piega. Così come è facile trovarsi d’accordo sul fatto che ovviamente autorizzare all’uso dello smartphone in classe non vuol dire lasciar fare ciò che si vuole, con messaggi, chiamate, foto, video e quant’altro fuori controllo.

Uso “cosciente e consapevole” è la chiave di volta dell’innovazione. Una responsabilità in più per i docenti, ma viene da pensare, anche, a quella dei genitori. Dove comincia l’uso cosciente e consapevole?

Ecco, vale la pena di interrogarsi e la scuola per prima deve farlo. Giusto adeguarsi al cambiamento, accettare l’innovazione e la tecnologia. Servono però anche altri strumenti, per lo più “immateriali”, a cominciare da una adeguata formazione dei docenti alla gestione delle classi digitali. Così come, riflettendo in particolare su quanto riguarda l’apprendimento, occorre approfondire dinamiche e processi legati agli strumenti tecnologici, giacché non è affatto scontato che portino sempre e soltanto miglioramenti. Su questo la ricerca ha ancora passi da fare.
Faraone ha detto di poter contare su “una classe di insegnanti e dirigenti all’altezza” e c’è da augurarsi che abbia ragione. Ha in mente, sicuramente, anche gli “animatori digitali” previsti nella scuola Italiana. Ma forse occorre di più.
Intanto ben venga la riflessione che non potrà però fermarsi ai luoghi comuni e alle suggestive dichiarazioni di intenti.

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