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Monsignor Galantino: “la ricchezza porti al miglioramento del mondo circostante”

“Di economia si vive. Ma di economia si può anche morire, anzi l’economia ‘può uccidere’. Soprattutto quando l’economia smette di svilupparsi al servizio delle persone e specie quando i macro-progetti perdono di vista le storie e i volti delle persone al servizio dei quali l’economia deve porsi” e “quando, in nome della salvezza dell’economia, si giustificano scelte che calpestano la dignità delle persone e si negano a queste i diritti fondamentali”. Lo scrive su “Il Sole 24 Ore” monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana. In “Testimonianze dai confini”, la rubrica che cura settimanalmente sul quotidiano economico, mons. Galantino racconta il dialogo avuto con circa duecento imprenditori, “uomini e donne che stanno rispondendo alla crisi, trasformandola in occasione per liberare energie e per avviare processi davvero virtuosi”, capaci di “mettersi in gioco, sfidando regole obsolete e inventandosene di nuove, che hanno un comune denominatore: il rispetto della persona, intesa come autore, centro e fine di tutta la vita economico-sociale”. Per mons. Galantino, “se non si dà il giusto peso alla persona, le regole rischiano di schiacciare e fare vittime”. “Quanta inutile sorpresa – osserva il segretario generale della Cei – mi capita di cogliere sul volto e nelle parole di chi scopre che mettere al centro la persona è e ha un valore in sé, a prescindere dal Vangelo e da dettami di natura religiosa!”. Secondo Galantino, “la Chiesa, nella misura in cui segue e si interessa in maniera corretta ai temi dell’economia e dell’impresa, non condanna né limita il giusto guadagno, tutelando sani modelli di welfare, che non massacrino l’uomo sotto l’egida assoluta del profitto”. Ricordando i progetti di microcredito sostenuti anche dalla Cei, il segretario generale ribadisce che “la Chiesa, come ogni persona di buon senso, non combatte la ricchezza a prescindere”. “L’auspicio – puntualizza – è che la ricchezza, prodotta dall’impegno e dall’ingegno di chi in essa ha creduto investendoci, porti al miglioramento del mondo circostante”. Un ultimo passaggio, mons. Galantino lo dedica alla “fragilità della memoria”. “Mettersi a scuola della storia – scrive – è un’operazione giovane e da giovani, di chi non si rassegna ai problemi che lo circondano ma cerca soluzioni”. “Sono convinto – conclude Galantino – che la storia renda giustizia ai morti, come abbiamo visto di recente, in Germania, con l’ammissione dell’avvenuto genocidio armeno”.

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