Tommaso d’Aquino ci era arrivato secoli or sono, in tempi in cui la donna non godeva di uno statuto sociale o intellettuale di rilievo. L’aveva definita, “apostolorum apostola”, apostola degli apostoli.
Potrebbe sembrare irrilevante passare da memoria obbligatoria a festa, potrebbe anche suonare come un passaggio di grado o di rinomanza, del tutto fuori luogo nel contesto liturgico in cui i santi, se sono santi, santi sono, senza bisogno di categorie di riconoscimento in graduatoria.
La decisione di Francesco, vescovo di Roma, possiede un’altra e migliore valenza nei riguardi di una donna del Vangelo, cui la storia non ha tributato l’onore che le spettava e la ha solo rivestita di un alone arduo da decifrare nel folklore locale spesso negativo e sconcertante nelle leggende e nei romanzi.
“La decisione si iscrive nell’attuale contesto ecclesiale, che domanda di riflettere più profondamente sulla dignità della donna, la nuova evangelizzazione e la grandezza del mistero della misericordia divina”.
Francesco diventa un propugnatore della rivoluzione antropologica in atto che tocca la donna e investe la realtà ecclesiale tutta che chiede di essere ripensata e riproposta nella sua chiave autentica.
Unica strada per trovare nuovi paradigmi di servizio. L’occhio del pastore ha colto una di quelle huellas, di quelle tracce che, in ambito di ricerca femminile spagnola, sono state ampiamente rilevate e portate alla luce: orme che dimorano nei documenti, nei silenzi della storia, ecclesiastica e civile, scritta da mano maschile.
Se è vero che crediamo perché senza il Risorto la nostra fede sarebbe vana e ci saremmo legati ad un morto qualsiasi, per quanto illustre, Maria Magdala è stata la prima ad essere investita e travolta proprio dalla Luce del Risorto. La prima, fra le donne al seguito di Gesù di Nazareth, che lo abbia proclamato come Colui che ha vinto la morte. Allora, se cerchiamo una maternità nella fede, questa maternità porta il nome di Maria di Magdala e si apre a quella lunga schiera, ancor oggi, poco conosciuta se non sottovalutata, di madri che, nei secoli, si possono affiancare ai padri della Chiesa. Si tocca con mano e si dimostra perciò l’esistenza della “Matristica”.
Tocchiamo infatti il nucleo del kerigma, dell’annuncio, trasmesso da una testimone la cui fede, che se ne abbia consapevolezza o meno, ha percorso fecondamente i secoli: “Santa Maria Maddalena è un esempio di vera e autentica evangelizzatrice, ossia, di una evangelista che annuncia il gioioso messaggio centrale della Pasqua”.
Ci si schieri con chi identifica Maria di Magdala con la donna che unse il Signore in casa di Simone oppure con la sorella di Lazzaro e di Marta, è per certi aspetti ininfluente. Conta un solo aspetto: il coraggioso, estremo amore che mostrò per Cristo e la sua intuizione profetica.
In quest’anno della Misericordia ben venga il dono di Francesco che coglie nella donna non solo la prima testimone ma la prima “testimone della divina misericordia”, come già Gregorio Magno aveva scritto.
Di quell’amore che poté trasfigurare la morte in un passaggio alla vita eterna, alla risurrezione che, in un qualche modo analogo, toccherà anche a noi e che scopriremo come il segno della misericordia ultima, assoluta e definitiva.
Da lacrime di dolore per la sconfitta, per il dolore provato dal Perseguitato e ucciso, alle lacrime di una gioia tanto prorompente da attraversare i secoli.
Insomma è colmato un… gap…, un vuoto, un ritardo, uno dei tanti di cui noi umani, non solo uomini e donne di fede ma persone in genere, siamo specialisti: transitiamo prigionieri dei nostri pregiudizi, incapsulati e immobili, mentre la ricchezza del dono di Dio, ci passa accanto, ci lambisce.
Ora ce ne siamo accorti, ne abbiamo messo del tempo!, ma se ci illudiamo di colmarlo ricadiamo nello stesso meccanismo dell’oblio. Dovremmo compiere un balzo nella fede annunciata da Maddalena e guardare con i suoi occhi la realtà che ci circonda.
Se fosse una rivincita muliebre, non solo non avremmo capito ancora nulla ma saremmo, stolidamente, ricaduti nel meccanismo delle quote rosa o della parità. Ben altro importa: comprendere che uomo e donna insieme e solo insieme, in dualità incarnata, possono diventare annunciatori luminosi del Risorto.
In una libertà che consegna alla mentalità e all’immaginario dei tempi andati tutta la serqua di leggende e insinuazioni e oggi guarda alla “speciale missione di questa donna, che è esempio e modello per ogni donna nella Chiesa”.