È un inno alla pace, alla comunione e all’unità, l’ultimo discorso ufficiale pronunciato da papa Francesco nella sua visita pastorale in Armenia. La giornata del Santo Padre si è aperta con la celebrazione della messa in privato nella cappella del Palazzo Apostolico di Etchmiadzin, seguita dall’incontro con tutti i 14 vescovi armeni.
Successivamente, il Pontefice si è recato al piazzale di San Tiridate del Palazzo Apostolico, per partecipare alla Divina Liturgia, presieduta da Karekin I, Supremo Patriarca e Catholicos di tutti gli Armeni. Una lunga processione ha portato sul posto tutti i concelebranti, con il Vescovo di Roma e il Catholicos in testa, sotto il baldacchino al riparo dal sole cocente.
A conclusione della celebrazione, caratterizzata dai suggestivi canti della tradizionale liturgia di rito armeno, ascoltato il saluto di Karekin, il Papa ha pronunciato il suo discorso di congedo per una “visita tanto desiderata e per me già indimenticabile”, al termine della quale ha espresso tutta la sua gratitudine.
“Vostra Santità [Karekin, ndr], in questi giorni, mi ha aperto le porte della Sua casa e abbiamo sperimentato «come è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme» (Sal 133,1) – ha detto Francesco -. Ci siamo incontrati, ci siamo abbracciati fraternamente, abbiamo pregato insieme, abbiamo condiviso i doni, le speranze e le preoccupazioni della Chiesa di Cristo, di cui avvertiamo all’unisono i battiti del cuore, e che crediamo e sentiamo una”.
Bergoglio ha quindi invitato i cristiani a fare proprie le parole di San Paolo, che sottolinea l’unità dei cristiani, in nome di “un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo” (Ef 4,4-6).
“È proprio nel segno dei santi Apostoli che ci siamo incontrati. I santi Bartolomeo e Taddeo, che proclamarono per la prima volta il Vangelo in queste terre, e i santi Pietro e Paolo, che diedero la vita per il Signore a Roma, mentre regnano con Cristo in cielo, certamente si rallegrano nel vedere il nostro affetto e la nostra aspirazione concreta alla piena comunione”, ha proseguito il Pontefice, proclamando in armeno, in segno di ringraziamento a Dio: “Park astutsò!” (Gloria a Dio).
Il Santo Padre ha poi invocato “copiosa” la “benedizione dell’Altissimo in terra, per l’intercessione della Madre di Dio, dei grandi santi e dottori, dei martiri, specialmente dei tanti martiri che in questo luogo avete canonizzato lo scorso anno”. Poi l’invocazione allo Spirito Santo perché “faccia dei credenti un cuore solo e un’anima sola: venga a rifondarci nell’unità”.
Rievocando le parole pronunciate durante il suo viaggio a Istanbul del novembre 2014, il Papa ha auspicato un cammino di “pace” e di “comunione” per la Chiesa armena, animato da un “forte anelito all’unità”, che “né sottomissione l’uno dell’altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo”.
Il richiamo finale di Francesco è all’ascolto della “voce degli umili e dei poveri, delle tante vittime dell’odio, che hanno sofferto e sacrificato la vita per la fede”, con un particolare riguardo per le “giovani generazioni, che implorano un futuro libero dalle divisioni del passato”.
Citando l’esempio di San Gregorio di Narek, definito “vostro padre secondo il Vangelo”, che ha “illuminato” le terre armene, il Vescovo di Roma ha infine auspicato un futuro di “fede radiosa” per il paese visitato, con un appello a seguire la “chiamata di Dio alla piena comunione” e la benedizione di “questa nostra corsa verso la piena unità”.
Conclusa la Divina Liturgia nel Piazzale di San Tiridate, il Papa è rientrato al Palazzo Apostolico di Etchmiadzin per partecipare al pranzo ecumenico offerto dal Catholicos Karekin II agli Arcivescovi e Vescovi Armeno-Apostolici, agli Arcivescovi e Vescovi Armeno-Cattolici e ai membri del seguito papale.