“Abbiamo scritto una pagina di storia, un capitolo nuovo nella storia contemporanea della nostra Chiesa”. Con queste parole il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I ha chiuso i lavori del “Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa”. Cinque giorni (da lunedì 20 a sabato 25 giugno ) di lavoro intenso in cui i circa 290 delegati di 10 Chiese ortodosse hanno ampiamente discusso ed emendato i 6 documenti all’ordine del giorno ed hanno pubblicato una Enciclica e un Messaggio “al popolo ortodosso e a tutte le persone di buona volontà”.
Non tutto è stato semplice, data anche la complessità delle tematiche affrontate e ha pesato l’assenza delle Chiese di Russia, Bulgaria, Georgia ed Antiochia che all’ultimo momento hanno deciso di non partecipare. Ma – ha subito aggiunto Bartolomeo – “tornando a casa, possiamo dire di aver dato prova ancora una volta della nostra unità in Cristo”.“Siamo Chiesa una e indivisibile”, “abbiamo sperimentato la gioia della unità nella nostra diversità”.
I lavori si sono ovviamente svolti a porte chiuse. Ogni pomeriggio alle 15.30 i portavoce dei diversi patriarcati e Chiese relazionavano i giornalisti sullo stato delle discussioni. Sei i documenti su sui hanno lavorato i padri conciliari: la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo, la diaspora ortodossa, l’autonomia delle Chiese e il modo di proclamarla, l’aggiornamento delle norme sul digiuno, i rapporti con le altre Chiese cristiane, gli impedimenti per la celebrazione del matrimoni. Fino all’ultimo si è lavorato intensamente per introdurre emendamenti e limature ai testi.
Ma più delle deliberazioni finali, il Concilio si è rilevato essenziale come “occasione di incontro”.Il Patriarca Bartolomeo – è stato detto ai giornalisti – ha fatto di tutto perché questo confronto accadesse ed ha voluto che tutti i presenti potessero esprimere la propria opinione.Erano 1.200 anni che le diverse Chiese ortodosse non si riunivano in Concilio e il clima è stato fin dai primi giorni improntato sull’ “ascolto reciproco”, la “cooperazione”, “l’amore fraterno”.
A seguire a latere i lavori del Concilio erano stati invitati una quindicina di osservatori delle Chiese cristiane: rappresentanti della Comunione anglicana, della Federazione luterana mondiale, ma anche di organismi ecumenici come la Conferenza delle Chiese europee e il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente. Per la Santa Sede erano presenti a Creta il presidente e il segretario generale del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, il cardinale Koch e mons. Farrell. Hanno potuto partecipare solo alle due sessioni inaugurale e conclusiva del Concilio eil Patriarca alla fine li ha ringraziati per la “pazienza”, per la loro presenza e per “l’interesse sincero” con cui hanno seguito tutto l’iter dell’Assemblea.
Alla fine il Concilio è riuscito a pubblicare un Messaggio finale e una Enciclica. Sono il frutto dello sforzo creativo e costruttivo con cui in questi giorni i leader delle Chiese ortodosse hanno cercato di leggere tra le pagine sempre più complesse della storia. Entrambi i testi sono molto belli, assolutamente leggibili, ricchi di riferimenti ai problemi più urgenti dell’umanità: il fondamentalismo, la persecuzione dei cristiani e delle minoranze religiose, l’accoglienza dei rifugiati.
Molto forte è l’appello alla comunità internazionale perché compia ogni sforzo possibile per “una risoluzione dei conflitti armati” in Medio Orientee in attesa che in quelle regioni ritorni la pace, le Chiese chiedono alle autorità civili, ai cittadini e ai cristiani ortodossi nei paesi verso i quali i rifugiati perseguitati cercano rifugio, a continuare ad offrire il loro aiuto nei limiti e al di là delle loro capacità”. Ma si parla anche dello sviluppo della scienza, della crisi ecologica, della famiglia, di politica.
“Il Santo e Grande Concilio ha aperto il nostro orizzonte sul mondo contemporaneo diversificato e multiforme”, si legge nel Messaggio e “la Chiesa ortodossa è sensibile al dolore, alle angosce e al grido di giustizia e di pace dei popoli”.
Creta segna dunque un nuovo inizio: le Chiese ortodosse hanno un patrimonio che da sempre attende di essere donato al mondo. In questi giorni hanno dimostrato che possono farlo solo se unite e concordi. Se invece rimangono ancorate ad un passato di divisioni e difesa delle territorialità, il loro messaggio non solo si annacqua ma sa di vecchio e non è credibile. A Creta è stato deciso di ripetere il Concilio ogni 7, 10 anni. Speriamo che in questo lasso di tempo,le Chiese di Russia, Antiochia, Georgia e Bulgaria si lascino conquistare da questo spirito di comunione e decidano di entrare anche loro nella storia.
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