“Ripensare oggi il sistema comunicativo significa anzitutto capire se, aprendo la finestra del nostro mondo, c’è qualcuno che desidera ascoltarci e, se sì, quali siano le sue priorità”. Soffermandosi sulle novità mediatiche e sulla loro relazione con la gestione e l’amministrazione, mons. Viganò ha spiegato che “oggi non è sufficiente avere un sistema comunicativo all’avanguardia, sarebbe inutile; è necessario invece pensarlo rispetto a un interlocutore ben definito. Questa, infatti, non è una componente astratta ma concreta e reale, che va cercata e accompagnata nella ricerca delle risposte maggiormente pertinenti alle sue domande”.
“La riforma dei media vaticani condurrà a un sistema multimediale unico con una direzione editoriale unitaria che terrà conto sia dell’aspetto multilinguistico che multiculturale. Nel processo di riforma in atto in Vaticano – ha aggiunto Viganò – fondamentale è il percorso formativo e professionalizzante: in questo momento alcune risorse umane stanno frequentando master in giornalismo digitale, si sono avviati studi e ricerche di comparazione con le migliori aziende mediatiche e si stanno programmando seminari di ‘team building’ per formare tutto il personale”. Insomma, ha concluso, “si tratta di una grande occasione per promuovere una comunicazione decisamente più proattiva ed efficace rispetto agli investimenti”. Anche perché “tutto deve essere sapientemente pensato e ben gestito, senza sprechi”.
“Lo scopo dell’utilizzo dei social per la Chiesa non può essere una mera ricerca di consensi, bensì quello di seminare il lievito del Vangelo. Il web, i social, tutto il mondo digitale – ha spiegato Viganò – viene ‘misurato’ in termini numerici, che dobbiamo imparare a leggere con una prospettiva relativa, domandandoci ‘rispetto a cosa’. Infatti, il sito web di una parrocchia non può avere gli stessi numeri di quello di una diocesi, che a sua volta non ha i numeri di un sito con un target di utenza nazionale, o addirittura mondiale, come può essere il sito della Santa Sede. Ogni realtà (locale, nazionale, mondiale) ha il suo proprio ambito e in questo ambito è chiamata ad agire e svolgere la missione di seminare il lievito del Vangelo”. Una missione, questa, ha sottolineato il prefetto, che “viene svolta allo stesso modo dal Santo Padre, attraverso i suoi profili e canali social che hanno una risonanza a livello globale, e dal parroco di periferia, attraverso il piccolo sito o il profilo social della parrocchia. Molto più di quanto si pensi l’utenza è in grado di riconosce l’intento missionario, contrapposto alla ricerca di consenso”. Al riguardo mons. Viganò ha raccontato l’esperienza del profilo Instagram (@Franciscus), divenuto “caso di studio” per la stessa azienda Instagram: “Gli strateghi di Instagram consigliavano di postare foto informali, inusuali, perché dai loro studi sulle statistiche numeriche emergeva in modo inequivocabile che questo tipo di foto aumenta i ‘like’, e dunque il consenso. Noi invece abbiamo scelto di non perseguire questa strada, ma di procedere secondo la linea di trasmettere il messaggio evangelico. Dopo un mese di attività del profilo era evidentissimo come l’utenza gradisse molto di più le foto tradizionali, in cui ‘il Papa fa il Papa’ (preghiera, messa ecc.)”. L’invito finale di mons. Viganò è di rischiare, anche perché “nella comunicazione ci sono rischi e non certezze… da affrontare però insieme”.