Si avvicina l’estate e torna in scena il vortice della nevrosi da prenotazione delle vacanze. Però per favore, liberateci da Formentera. E da Ibiza. E da tutti i turistifici che offrono euforia artificiale a buon mercato. In Italia, per i giovani e non solo, va di moda la Puglia, in Grecia qualche isola.
Per carità nulla (o quasi, se si esclude spaccio, turismo sessuale, qualche rissa e dintorni) di illegale o di illecito.
Ognuno si aliena come vuole.
In fondo c’è chi lo fa con faceboock, chi con il lavoro, chi con la ricerca esasperata di bellezza artificiale (e arricchisce astuti chirurghi plastici), chi con movide locali e squallidi tour alcolici. Ma tutta questa ricerca esasperata di euforia artificiale, di eccesso di emozioni, di superamento dei limiti del piacere, proprio non ci interroga per nulla? Il fenomeno dell’euforia artificiale, che trova il suo picco settimanale nel fatidico week end e il suo picco annuale nei riti delle vacanze nei mega-turistifici, non vi sembra collegato a qualcosa di più profondo, ad una sorta di spinta psicosociale sempre più impellente verso forme di disinibizione a tempo? Certo, possiamo utilizzare categorie morali per giudicare e, inevitabilmente, condannare inorriditi (magare con un po’ di invidia). Oppure categorie relative alla salute: l’uso di alcol e di sostanze, troppo precoce e troppo pervasivo, espone i cervelli in fase di sviluppo degli adolescenti a non pochi rischi.
Io vorrei affrontare il fenomeno alla luce di una radicalizzazione nella nostra società tra due spinte psicosociali opposte: alexitimia e sensation seeking. Mi spiego meglio. Da un lato dobbiamo essere efficienti, rapidi, produttivi e per esserlo dobbiamo sopprimere le emozioni (alfa privativo, lexis: parola, thymos: emozione, ovvero alexitimia, incapacità di riconoscere e verbalizzare le emozioni). Penso, da psichiatra, ad una paziente, spietata manager, capace di percorrere le capitali europee e di chiudere affari sulla testa di migliaia di persone, determinata, capace, rapidissima, abile e imperturbabile. E poi la stessa manager, regolarmente sposata e madre, si trasforma in una adultescente emotiva in un mega-raduno rock al di là dell’Atlantico: cocaina, musica, rapporti promiscui, sballo. Una volta ogni 5-6 mesi, precisa in una seduta.
Solo quattro-cinque giorni di folle euforia. E sì, perché quel senso di vuoto emotivo, da qualche parte deve essere colmato.
Ecco quindi come. alla ricerca di emozioni, la super manager si trasforma in una implacabile sensation seeker. Ma questa radicalizzazione coinvolge anche l’operaio di Bergamo (penso ad un’altra persona concreta), che tutta la settimana si alza presto, lavora intensamente e fa più turni, e che poi nel week end percorre un po’ di chilometri per andare nella sua discoteca hardcore e sballarsi (un giorno solo però e dormendo in macchina, non ha certo i soldi della manager). Siamo percorsi da due spinte dissociate ed opposte: l’efficienza dell’alexitimia e la sregolatezza della ricerca di emozioni forti. Tutti efficienti dal lunedì al venerdì e tutti sensation seekers il sabato notte. In giacca e cravatta o in eleganti tailleur di inverno e legati ad un elastico per gettarsi nel vuoto durante un fantastico ferragosto esotico in preda al demone del bungy jumping (che è sempre meglio del binge drinking nostrano). Ovviamente estremizzo anche io un po’: per fortuna c’è ancora posto per la moderazione, l’equilibrio, il sano divertimento e il giusto lavoro. O no?