“Chi è il mio prossimo? Chi devo amare come me stesso? I miei parenti? I miei amici? I miei connazionali? Quelli della mia stessa religione?”. E ancora: “La mia fede è feconda? Produce opere buone? Oppure è piuttosto sterile, e quindi più morta che viva? Mi faccio prossimo o semplicemente passo accanto? Sono di quelli che selezionano la gente secondo il proprio piacere?”.
È un esame di coscienza quello che propone Papa Francesco nell’Angelus di questa domenica, in piazza San Pietro, per ogni cristiano che ascolta la parabola evangelica del “buon samaritano” proposta dalla liturgia odierna.
Ovvero la vicenda di quell’abitante della Samaria, “disprezzato dai giudei perché non osservante della vera religione”, che tuttavia si ferma per strada a soccorrere un uomo assalito dai briganti, malmenato e abbandonato, ignorato poco prima da un sacerdote e un levita. Egli “ebbe compassione” di quello sventurato, “gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, lo portò in un albergo e si prese cura di lui; e il giorno dopo lo affidò alle cure dell’albergatore, pagò per lui e disse che avrebbe pagato anche tutto il resto”.
Un “racconto semplice e stimolante”, osserva il Pontefice, che “indica uno stile di vita” e che ci insegna che “il baricentro non siamo noi stessi, ma gli altri, con le loro difficoltà, che incontriamo sul nostro cammino e che ci interpellano”. E se gli altri non ci interpellano, aggiunge a braccio, “qualcosa non funziona, qualcosa nel cuore non va”.
Gesù, ricorda Francesco, usa questa parabola nel dialogo con un dottore della legge, a proposito del duplice comandamento che permette di entrare nella vita eterna: amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come sé stessi. “Sì – replica quel dottore della legge – ma chi è il mio prossimo?”. Cristo risponde a tono: “Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. E quello naturalmente, “perché era intelligente”, ribatte: “Chi ha avuto compassione di lui”.
Gesù ha così “ribaltato completamente la prospettiva iniziale del dottore della legge e anche nostra”, sottolinea il Papa: “Non devo catalogare gli altri per decidere chi è mio prossimo e chi non lo è. Dipende da me essere o non essere prossimo della persona che incontro e che ha bisogno di aiuto, anche se estranea o magari ostile”.
Una “bella lezione” quella che ci offe il Messia, che congeda il suo interlocutore con l’invito: “Va’ e anche tu fa’ così”. Parole che oggi “ripete a ciascuno di noi: Va’ e anche tu fa’ così, fatti prossimo del fratello e della sorella che vedi in difficoltà”.
A questa esortazione, Bergoglio ne aggiunge sua personale: “Va fare opere buone, non solo dire parole che vanno al vento – dice a braccio -. Mi viene in mente quella canzone Parole, parole, parole… No! Fare, fare, e mediante le opere buone, che compiamo con amore e con gioia verso il prossimo, la nostra fede germoglia e porta frutto”.
Proprio sulle opere di misericordia noi saremo infatti giudicati. “Il Signore – spiega Papa Francesco – potrà dirci: ‘Ma tu ricordi quella volta, sulla strada da Gerusalemme a Gerico? Quell’uomo mezzo morto ero io. Ti ricordi? Quel bambino affamato ero io. Quel migrante che tanti vogliono cacciare via ero io. Quei nonni soli, abbandonati nelle case di riposo, ero io. Quell’ammalato solo in ospedale che non va a trovare nessuno ero io.”.
Il Pontefice invoca quindi la Vergine Maria perché “ci aiuti a camminare sulla via dell’amore generoso verso gli altri, la via del buon samaritano” e “a vivere il comandamento principale che Cristo ci ha lasciato”. Perché questa, afferma, è “la strada per entrare nella vita eterna”.
Dopo la preghiera mariana, il Papa ricorda la ricorrenza di oggi della “Domenica del Mare” promossa dal Pontificio Consiglio per i Migranti a sostegno della cura pastorale della gente di mare. “Incoraggio i marittimi e i pescatori nel loro lavoro spesso duro e rischioso, come pure i cappellani e i volontari nel loro prezioso servizio. Maria, Stella del Mare, vegli su di voi!”, dice il Santo Padre.
Poi, salutando i fedeli di Roma, d’Italia e del mondo riuniti in piazza San Pietro, rivolge un pensiero speciale ai pellegrini di Puerto Rico e ai polacchi che hanno compiuto una staffetta da Cracovia a Roma, come pure ai partecipanti al grande pellegrinaggio della Famiglia di Radio Maria al Santuario di Częstochowa, giunto alla 25ª edizione. Un saluto ancora più speciale, Francesco lo rivolge infine ai suoi connazionali argentini che – dice con simpatia – “non stanno zitti, stanno qui e fanno chiasso, più che chiasso lìo“.
A tutti Bergoglio augura “una buona e calda domenica” e si congeda con la consueta, affettuosa, formula: “Non dimenticatevi, per favore, di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”.
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