“Lo stato di crisi delle riviste religiose in Italia è ormai conclamato, nel senso che nessuno degli addetti ai lavori – editori, scrittori/redattori, lettori – nega, dal suo punto di vista e con diverse modalità espressive, le difficoltà in cui versano ormai da diversi anni”, lo scrive in una nota Guido Mocellin, giornalista e direttore editoriale della Editrice missionaria italiana (Emi). Mocellin è convinto che “i bilanci in ‘rosso’ c’entrino con la crisi fino a un certo punto. O meglio, la non sostenibilità economica di queste opere mi pare il corollario di due questioni più generali che riguardano i religiosi-editori”. La prima è che, “sebbene, l’opinione pubblica riconosca talvolta in queste riviste l’immagine stessa della famiglia religiosa che le edita, il grado in cui la comunità religiosa vi si identifica è ben diverso: essa può non riconoscersi (più) nella rivista o addirittura avvertirla come un disturbo o persino una contraddizione per la propria identità”. La seconda, “ancor più radicale, l’ha espressa con grande lucidità il padre comboniano Kizito Sesana in un articolo decisamente controcorrente scritto a commento della chiusura di ‘Misna’: ‘Focalizzarci sul problema economico ci condurrebbe […] nella direzione sbagliata. Quello della vecchiaia fisica dei membri degli istituti missionari può sembrare un’osservazione marginale rispetto al dibattito sulla sopravvivenza della ‘Misna’; eppure forse questa è la chiave per andare alla radice del problema. L’invecchiamento degli istituti missionari è una delle ragioni della loro progressiva e sempre più grave incapacità di affrontare in modo adeguato le sfide della comunicazione moderna’”. Ma oggi, prosegue Mocellin, questi periodici possono contare sul “fattore Francesco”, “potendo giovarsi di un formidabile volano su temi e attenzioni che essi hanno sempre coltivato, e insieme avendo in papa Bergoglio un modello e un mandato ricchissimi sul versante del rinnovamento delle formule editoriali, dei linguaggi e dei contenuti”, conclude Mocellin.