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Prostituzione: presentata alla Camera una proposta di legge con multe e carcere per i clienti

“Punire con la multa da euro 2.500 a euro 10mila, salvo che la condotta non costituisca reato più grave, chiunque si avvalga delle prestazioni sessuali offerte da soggetti che esercitano la prostituzione o le contratti, in qualsiasi luogo, pubblico o privato, ovvero nei luoghi e nelle forme vietati dalla legislazione vigente”. È quello che chiede la proposta di legge presentata da un gruppo di deputati con prima firmataria Caterina Bini, “Atto 3890 della Camera dei Deputati”, che propone la revisione di quella conosciuta come “legge Merlin”, e che si intitola: “Modifica all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, concernente l’introduzione di sanzioni per chi si avvale delle prestazioni sessuali di soggetti che esercitano la prostituzione”. La proposta di legge è stata presentata ieri a Montecitorio. Con la proposta di legge, che “mira a combattere la tratta degli essere umani a scopo di prostituzione”, “si riconosce dunque la correità del cliente (colui che acquista i servizi sessuali) nella riduzione in schiavitù delle vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale”. “In caso di reiterazione del reato – prevede la proposta di legge -, il fatto è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa da euro 2.500 a euro 10mila. La pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita su richiesta del condannato con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste e consistente nella prestazione di un’attività non retribuita presso associazioni, enti e altri organismi iscritti al registro istituito ai sensi dell’articolo 52, comma 1, lettera b), del regolamento di cui al decreto del presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, convenzionati con l’ente locale con la frequenza obbligatoria di un corso socio-rieducativo”. In caso di esito positivo dello svolgimento dei lavori di pubblica utilità, prosegue la legge, “il giudice fissa un’udienza e dichiara estinto il reato; in mancanza di esito favorevole, su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, il giudice dispone la revoca della pena sostitutiva con ripristino della pena originaria. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di una volta”. Attraverso il dispositivo proposto, pertanto, “si interviene direttamente sulla domanda, cioè sui clienti. Resta, naturalmente, esclusa la punibilità della persona che abbia esercitato la prostituzione, in quanto essa è riconosciuta come vittima sia degli sfruttatori e dei trafficanti, sia dei clienti”.

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