Quest’anno la 52ª Mostra internazionale del nuovo cinema di Pesaro ha scelto di inserire nel programma un film pornografico e una tavola rotonda dedicata al porno italiano. Il cortometraggio dal titolo “Queen Kong” è firmato da “Le ragazze del porno”, un gruppo di registe italiane, dai 25 ai 75 anni, con l’intento dichiarato di liberare dal tabù la pornografia al femminile. Questa la trama del film: in un boschetto un uomo e una donna fanno sesso. Lui non riesce ad avere un’erezione e così lei, delusa, decide di prendersi l’uomo con la forza, trasformandosi in una creatura demoniaca, con il classico volto da capra e le corna.
Secondo Monica Stambrini, regista del cortometraggio: “Il film è parecchio liberatorio”. Valentina Nappi, la pornostar protagonista, esalta il ribaltamento del ruolo uomo/donna: “Si tratta di uno stupro su un maschio sul quale ci faccio quel che voglio mentre lui è terrorizzato”. Il direttore artistico del festival di Pesaro, Pedro Armocida, parla di operazione culturale e di “capolavoro dell’arte”.Ma, fatta a regola d’arte, c’è solo la propaganda. A cominciare dalla presentazione del cartellone ai giornalisti.Infatti, nella pur breve conferenza stampa al teatro Farnese di Roma, nonostante si potessero illustrare le decine di film del festival, il direttore della mostra ha scelto di proiettare, guardacaso, proprio Queen Kong. Per settimane poi a Pesaro i protagonisti dell’evento hanno spiegato sulla stampa locale le virtù della pornografia, facendo ascoltare solo la propria campana, come l’oste che decanta il suo vino. Perfino la tavola rotonda era apparecchiata con l’unico piatto dell’autoreferenzialità. E così, quando pornostar ed escort si sono messe a disquisire su alcuni attrezzi del mestiere, si è continuato a far credere che si trattasse di arte e cultura.
Le poche voci critiche della città sono state prontamente soffocate gridando alla censura. La stessa regista ha voluto bollare Pesaro come città “borghese”, termine ormai insignificante.
La strategia del marketing ha funzionato anche per scoraggiare gli interventi di chi ha temuto di sentirsi tacciare di retroguardia. Al termine della mostra, però, sono emersi tutti i limiti.
Anzitutto i numerosi film presentati al festival sono finiti talmente in secondo piano che addirittura la stampa locale, dopo aver dedicato pagine intere all’evento porno, si è dimenticata dei vincitori, confinandoli tra le notizie brevi e senza foto.
Quindi, a conclusione dell’intera operazione pseudo-culturale, il settimanale “Il Nuovo Amico” ha fatto emergere la voce della componente femminile più autorevole e libera della città. Voci al di là della morale e della visione cattolica.
Secondo Grazia Calegari, tra i massimi esperti di arti visive a Pesaro, la città è stata condizionata in maniera eccessiva da una cortina ideologico-politica “perché – ha detto – questo film non solo non rappresenta niente di nuovo ma non ha nulla di artistico”. A farle eco l’intervento di Silvia Cecchi, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro e membro della Commissione per le pari opportunità dell’Associazione Nazionale Magistrati. Per il giudice, che non mette censure ma riflette anche su pornografia e violenza di genere, si tratta di una pellicola antifemminile e di retroguardia. “Il film – spiega – riecheggia i processi medievali alla strega, dice una sessualità antigioiosa e non integrando l’affettività, rischia di cadere nell’ideologia”.
Oggi, passata la sbornia, mentre ancora l’oste prova a decantare le virtù del suo vino, la Regina (Kong), senza i vestiti dell’arte e della cultura, si mostra nella sua nudità.