“Ogni dolore può partorire un miracolo di vita, ogni fragilità, ogni errore, ogni debolezza può aprire una fessura di luce. E portarci a camminare così con più fiducia, con più speranza, con più amore”. Ne è convinto monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, nel suo intervento pubblicato su “Il Sole 24 Ore” di oggi. Dopo Andria, Fermo, Nizza, Dallas, Dacca, Nigeria, Aleppo, Ankara… “voglia di fermarsi perché stanchi e sopraffatti da quello che evocano questi nomi”, scrive il presule proponendo Romena, pieve romanica nel Casentino, come simbolo di una sosta necessaria per “riflettere e decidere da dove riprendere il cammino”. Di fronte a “gesti di sopraffazione postati sui social, a violenze fatte passare per atti di un’assurda religione”, a speranze dispensate “con leggerezza”, a “stupidità” seminata “a piene mani” anche dai media, “la possibilità di rialzare il capo c’è”, assicura Galantino. La crisi, spiega, “diventa quindi un’ opportunità che ci viene data per volare un poco più in alto, per capire un poco di più, per essere un po’ migliori: la ferita diventa una feritoia, che si trasforma in finestra verso l’oltre. Preziosa come l’oro”. E questo, fa notare, “in un momento in cui l’Italia, e non solo, sta assaporando l’amarezza della violenza, l’assurdità di vite spezzate dal fanatismo, progetti di vita naufragati perché qualcuno ha deciso che doveva guadagnare di più rimandando o addirittura non realizzando opere necessarie per la sicurezza delle persone”. Il contrario “delle parole e degli esercizi che costituiscono le tappe di vita proposte a chi approda a Romena: umiltà, fiducia, libertà, leggerezza, fedeltà, perdono, tenerezza, amore”. A ben guardare, osserva Galantino, “sono otto atteggiamenti, decisioni ed esercizi che oggi vengono trattati sempre più con sufficienza; sono valori in caduta libera nella borsa della vita”. Eppure, conclude, “sono convinto” che “possono consentirci di riabbracciare le nostre radici e di aprirci a nuovi voli”.