CRACOVIA – “Come facciamo noi giovani a vivere e a diffondere la pace in questo mondo che è pieno di odio?”. A interpellare il Papa con la terza e ultima domanda, nei circa venti minuti di colloquio a braccio durante il collegamento video dall’episcopio per la “Festa degli italiani” sono stati tre giovani di Verona, accompagnati da un sacerdote, che erano a Monaco nei giorni dell’attentato, sulla strada della Gmg, è stato consigliato loro di tornare a casa e così hanno fatto. Successivamente è stata offerta loro l’opportunità di partecipare al grande appuntamento di Cracovia. “Tu hai detto due parole chiave: pace e odio”, la risposta di Francesco: “La pace costruisce ponti, l’odio è il costruttore dei muri. Tu devi scegliere nella vita: o faccio ponti, o faccio muri. I muri dividono, crescono le divisioni e l’odio. I ponti invece uniscono: quando c’è il ponte, l’odio può andare via, perché io posso sentire l’altro, parlare con l’altro”. “Noi abbiamo nelle nostre possibilità, tutti i giorni, la capacità di fare un ponte umano”, l’incoraggiamento del Papa: “Quando stringi una mano a un umico, tu fai un ponte umano, quando colpisci un altro, costruisci il muro. L’odio cresce sempre con i muri”. “Delle volte succede che tu vuoi fare il ponte e ti lasciano con la mano tesa, dall’altra parte, non la prendono”. “Non dobbiamo subire le umiliazioni, ma sempre fare i ponti”, l’esortazione: “Tu sei stato fermato e tornato a casa, poi hai fatto una scommessa per il ponte e per tornare un’altra volta. Questo è l’atteggiamento: se c’è una difficoltà, torno indietro e vado avanti. Non lasciarci cadere per terra, sempre cercare il modo per fare ponti”. “Fate ponti voi, tutti, prendete le mani!”, l’invito alla folla radunata nella spianata davanti al Santuario della Misericordia: “Io voglio vedere tanti ponti umani. Questo è il programma di vita: fare ponti, ponti umani!”.
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