Il 50% delle persone soccorse in mare da Medici senza frontiere ha raccontato di essere stato imprigionato in Libia per mesi in condizioni disumane. I rapimenti sono un modo comune di estorcere denaro. Torture, violenze sessuali, omicidi, lavori forzati sono all’ordine del giorno. L’82% dei pazienti trattati dai team di medici e infermieri in Sicilia ha raccontato di aver vissuto eventi traumatici durante il viaggio. Lo denuncia oggi Msf, in una documentata gallery di immagini e testimonianze intitolata “Una trappola per chi fugge“, che riporta decine di testimonianze sulle drammatiche condizioni vissute in Libia da rifugiati, migranti e richiedenti asilo che cercano di raggiungere l’Europa. La nave di Medici senza frontiere Bourbon Argos arriverà domani a Catania con a bordo altre 455 persone salvate. Dal 2015 Msf ha lanciato operazioni di ricerca e soccorso in mare, salvando oltre 25mila persone. A prescindere dal paese d’origine o dalle ragioni della fuga, quasi tutte sono passate dalla Libia.
Centinaia di interviste raccolte rivelano un livello allarmante di violenza, che colpisce indifferentemente uomini, donne o bambini per mano di trafficanti, gruppi armati, autorità e singoli individui. “I segni di tutto questo sono nelle ferite, fisiche e mentali, che le nostre équipe vedono ogni giorno sulle persone soccorse – dicono gli operatori -. Senza un sistema di asilo funzionante in Libia le persone in cerca di protezione non possono essere trattate in conformità al diritto internazionale e regionale dei rifugiati”.
“I Paesi dell’Unione europea – questo l’appello di Msf – “non devono negare alle persone la possibilità di raggiungere l‘Europa”.
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