(Sir – di Michele Falabretti)
CRACOVIA – Pellegrinaggio giubilare al Santuario della Divina Misericordia. Poi Messa con i vescovi italiani e serata di festa.
Non si può negare che questo Santuario ha contribuito (anche attraverso la devozione e la fede di San Giovanni Paolo II) a far sì che la parola “misericordia” entrasse nel vocabolario della fede. Una devozione forte, questa. Legata alla Pasqua, cuore dell’esperienza e della misericordia cristiana. Eppure c’è il rischio, che la misericordia diventi una specie di devozione.
La misericordia a cui il Papa ha richiamato i giovani in occasione di questa Gmg fa riferimento a una delle beatitudini: beati i misericordiosi. Un’opera, dunque. Un mettersi all’opera che ciascuno è chiamato a vivere per poter tirar fuori l’umanità più vera e più bella che ci sia dato di sperimentare.
Nell’incontro e nella fraternità, nella gioia di camminare insieme e nel silenzio della meditazione, i giovani italiani hanno vissuto questa esperienza: un cammino perché possiamo diventare persone capaci di gesti e parole di misericordia. Dopo la celebrazione della Messa (luogo principale della memoria di Gesù misericordioso), abbiamo vissuto un bellissimo momento di festa: segno che nell’incontro e nell’apertura reciproca, troviamo la possibilità fondamentale di vivere la misericordia.
I giornalisti mi chiedono se abbiamo paura, se viviamo nella paura che qualcosa possa accadere. Sinceramente no: nessuno di noi si aspetta qualcosa di brutto o salta per aria per un palloncino che scoppia. Questo non ci sta mettendo al riparo dai pericoli, però ci ricorda che non possiamo rimanere prigionieri delle nostre paure.
Vivere la vita senza affrontarne i rischi e i pericoli, è come ricevere un bel pacco dono e non scartarlo mai per paura di rovinarlo.
Saranno i sorrisi di questi ragazzi, sarà la loro spontaneità nel salutare e riconoscere la presenza di chiunque li incroci, ma nessuno qui sente di poter essere indifferente per l’altro. Vivere un mondo dove ci si sente accolti e ospitati: questa è la misericordia che ci fa passare da una situazione di ostilità a uno stile di accoglienza e fraternità.
Durante la festa, il Papa ha salutato i giovani italiani e ne ha ascoltato alcune domande. Ha fatto un gesto che – forse – diventerà il segno di questa Gmg: parlando di incontro, ha intrecciato le dita delle mani in un gesto che ricorda la preghiera, ma che in quel momento voleva indicare la gioia dell’incontro.
Un’ultima annotazione: la festa, come sempre, ci ha fatto sentire uniti nel dono di incontrare il saluto del Papa, ma anche nella possibilità di far festa insieme. La musica ha permesso ai ragazzi di scatenarsi e di far esplodere la gioia come solo loro sanno fare. Com’è che gli italiani all’estero sono sempre così uniti e quando sono a casa sono così divisi? Ho una speranza: che non si debba aspettare la fine dei tempi, perché questo rebus possa essere sciolto. Perché erano troppo belli quei ragazzi che rappresentavano il popolo italiano…
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