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“È un’occasione per abbattere muri concettuali, aprire i cuori e tornare a comunicare con chi da tempo fatica a stare nelle nostre comunità”. Marco Olocco e Margherita Viotti sono i responsabili dell’Ufficio di pastorale familiare della diocesi di Fossano, diretto da don Giuseppe Uberto. Nelle loro parole tutto l’entusiasmo per le nuove prospettive aperte dall’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia cui sono legati a doppio nodo. Innanzitutto, perché parte integrante di un progetto che ora va vissuto nelle diocesi di tutto il mondo. Ma ancora prima perché il loro mandato in diocesi ha avuto inizio proprio nel momento clou del cammino sinodale sulla famiglia, durato per volere di Papa Francesco oltre due anni. Sposati da 10 anni e con un figlio di 5 anni, spiegano Marco e Margherita, “abbiamo ricevuto il mandato nell’ottobre 2015 – proprio nel cuore del Sinodo -, anche se eravamo già parte della Consulta dell’Ufficio da 5 anni circa. Abbiamo accolto questo impegno, avvertendone tutta la responsabilità e con non pochi timori, ma ci siamo affidati e abbiamo aderito a questa chiamata”. Una chiamata resa ancora più affascinante dal documento di Papa Francesco. Ecco, in questa intervista doppia, le riflessioni dei coniugi, alla vigilia di un nuovo anno pastorale.
Come avete accolto l’Esortazione Amoris laetitia in diocesi?
Margherita – Con grande entusiasmo e tanta gioia! Come Ufficio avevamo, infatti, lavorato alla diffusione dei due questionari, relativi ai Sinodi del 2014 e 2015, promuovendoli in ambito diocesano. La partecipazione ha suscitato attesa per le scelte della nostra Chiesa.
L’Esortazione ci è sembrata da subito un vero dono!
Frutto della grazia e della profondità che ha guidato il lavoro dei Padri Sinodali con ricaduta di un grande impegno che ci viene ora richiesto. Non nascondiamo di avere avvertito anche una “tirata d’orecchie” rispetto a quella pastorale un po’ stanca che il Santo Padre denuncia.
L’Amoris laetitia richiede un impegno particolare per comunicare la gioia dell’amore. Concretamente cosa cambia per la pastorale familiare?
Marco – La sfida è provare a ripensare una pastorale che sappia coniugare i messaggi fondanti della dottrina con la testimonianza di un amore gioioso. Affiancare alla proposta di un amore che sia per la vita, la promessa che questa via sia per la piena realizzazione di quelle vite!
Un po’ meno teoria e più vita, più gusto della vita sulla via del Vangelo!
La consapevolezza che l’amore sponsale non assolve a un dovere ma è ricerca di felicità. Tutto ciò visibile sui volti di chi ne dà testimonianza… Una fede per contagio. E questo interroga e impegna in prima persona ognuno di noi.
Tra qualche settimana inizierà il nuovo anno pastorale, cosa state pensando alla luce dell’Esortazione?
Margherita e Marco – È chiaro che bisogna tradurre l’Esortazione in condotte e atteggiamenti pastorali concreti, ma prima di tutto bisogna favorirne la più ampia diffusione possibile. Vorremmo che il documento post-sinodale diventasse strumento di lavoro delle nostre comunità. Abbiamo in programma alcuni momenti mirati a questo.
Vogliamo però anche “sperimentarci sul campo”, provando a rivedere alla luce dell’Amoris laetitia le nostre iniziative con le giovani coppie di sposi e, ancor prima, nella preparazione immediata dei fidanzati. Inoltre, Marco in particolare, da tempo sogna iniziative rivolte alle coppie di conviventi…
Questa Esortazione ci invita a dare spazio ai sogni!
È l’invito che viene un po’ dal capitolo 8 del documento: “Accompagnare, discernere e integrare le fragilità”. Cosa significa nel vostro contesto?
Marco – A Fossano, da alcuni anni, esiste una Commissione diocesana, l’Anello perduto, che lavora attivamente per l’accompagnamento e il sostegno delle persone separate, che vivano l’esperienza di nuova unione o meno. Nel mese di giugno, un numeroso gruppo, che fa riferimento a tale Commissione, è stato invitato all’udienza del mercoledì… Margherita e io collaboriamo con questa Commissione, oggi ci sentiamo chiamati insieme, a sostegno del nostro vescovo, a pensare vie concrete per
aiutare le comunità all’apertura, favorire i percorsi di discernimento e d’integrazione per persone che sono ormai in cammino da tempo, con vero e profondo spirito di ricerca e fede.
L’Amoris laetitia disegna una pastorale familiare a 360°: dal fidanzamento al matrimonio, dalle situazioni di crisi fino alla morte del coniuge. È un percorso impegnativo…
Margherita – Molto! È pur vero che, nella nostra piccola diocesi, ormai la pastorale mostra di avere a cuore tutte le dimensioni della coppia, dalla nascita alla fatica quotidiana, alla nascita dei figli, fino agli eventuali fallimenti, ma rischia una eccessiva frammentazione…
Lo sforzo grande che Amoris laetitia ci offre l’occasione di concretizzare è quello d’integrare le azioni diocesane, metterci tutti in comunione a partire dagli operatori pastorali. La pastorale sempre più deve prendere esempio dall’agire di una famiglia, che ricerca l’armonia, non lascia ai margini alcuno e valorizza il contributo di ognuno. Ci sentiamo chiamati a vivere l’umiltà nell’ascolto e nell’accoglienza dei bisogni e a favorire una linea d’azione armonica e articolata.
Insomma, una chiamata a una collaborazione con gli altri Uffici pastorali…
Marco – Una collaborazione ormai non differibile, se pensiamo alle attività di catechesi dei genitori in preparazione al Battesimo dei figli, ai nuovi percorsi d’iniziazione cristiana, ai fiorenti e variegati percorsi sull’affettività rivolti ad adolescenti e pre-adolescenti… Tutte queste dimensioni non possono prescindere da una buona conoscenza e dimestichezza con il mondo della famiglia.
Cosa vi aspettate da questo nuovo cammino pastorale?
Marco e Margherita – Intravediamo l’avvio di una fase di rinnovamento profondo della Chiesa, del suo sguardo sulla famiglia e, dunque, sul mondo. Ce lo conferma anche il fermento che l’Esortazione sta creando a più livelli, dove c’è fermento, c’è vita e, certamente, qualcosa di molto buono che vuole crescere. È un’occasione per abbattere muri concettuali, aprire i cuori e tornare a comunicare con chi da tempo fatica a stare nelle nostre comunità.