La morte è il vero enigma della vita umana, il mistero di fronte al quale si scontrano tutte le nostre aspirazioni, l’ostacolo che impedisce la realizzazione dei nostri progetti, la cortina impenetrabile alla nostra intelligenza. “Non solo si affligge, l’uomo, al pensiero dell’avvicinarsi del dolore e della dissoluzione del corpo, ma anche, ed anzi più ancora, per il timore che tutto finisca per sempre” (GS 18).
Senza sbagliare, le ragioni del cuore insorgono contro l’idea di un totale annientamento definitivo della nostra persona. Il germe di vita divina, che è stato seminato in noi prima dall’atto creativo di Dio con il quale siamo entrati nella vita di questo mondo, poi dai sacramenti che ci ha donato, non è destinato alla corruzione, ma al completamento nella vita eterna.
Questo ci assicura la nostra fede ed è confermato innanzitutto dalla resurrezione da morte di nostro Signore Gesù Cristo. Sappiamo che la fede nella resurrezione di Gesù è il fondamento stesso della nostra fede, senza del quale essa sarebbe vana e priva di senso. Il mistero della morte umana è rischiarato soltanto dalla resurrezione di Gesù che ci conferma che non tutto ha termine con la nostra morte corporale e con la dissoluzione del nostro corpo mortale, ma c’è una vita oltre la morte cui siamo destinati dall’amore di Dio e a cui partecipano coloro che sono morti in Lui. “Beati i morti che muoiono nel Signore” (Ap 14, 13), così ci fa pregare a Chiesa, perché in Lui risorgeranno.
La solennità di Maria Vergine, Assunta in cielo, che oggi la liturgia celebra e propone alla nostra meditazione, ci mette di fronte il mistero della morte umana e ci offre un ulteriore squarcio di luce su ciò che lo sguardo umano non può raggiungere, ma che è il mondo del Dio della vita. Maria, che ha generato al mondo Dio, da Lui, al termine della sua vita, è stata introdotta definitivamente nel mondo di Dio. Gesù, prima di morire, aveva detto ai suoi apostoli che andava a preparare per loro un posto, perché voleva che dove andava Lui ci fossero anche coloro che erano suoi. Questo posto, preparato per ogni essere amato da Dio, è stato donato per primo a Lei, alla madre, che lo aveva curato con amore dalla nascita alla sua dolorosa morte in croce.
Il corpo di Colei che aveva generato al mondo il corpo incorruttibile di Gesù, figlio di Dio, non poteva finire nella corruzione e doveva rimanere incorrotto come quello del Figlio da Lei generato: qui risiede il mistero dell’immediata assunzione al cielo di Maria nel suo corpo, mistero che oggi nella lode a Dio noi celebriamo, contemplando nello stesso tempo il destino di vita eterna di cui anche noi, a suo tempo, saremo fatti partecipi.
Quel posto che Gesù ha preparato per coloro che sono suoi, e nel quale Maria è già stata introdotta, è preparato anche per ciascuno di noi. Oggi siamo, quindi, nella gioia per Maria, ma lo siamo anche perché sappiamo che Dio chiama pure noi a questo destino di vita eterna in Lui e con Maria.
Maria, la madre, indica a tutti noi la strada sicura per poter essere partecipi con Lei di tale dono di amore del Padre e la strada è quella che Gesù ha indicato con il suo Vangelo. Non ce n’è un’altra.
In questo periodo, che tradizionalmente è dedicato a un tempo di riposo e di ristoro dalle fatiche che il lavoro impone, mettiamo più attenzione alla cura di noi stessi con l’intenzione di preservare la nostra salute corporale. Ci facciamo carico, non senza molto dispendio di energie, della cura del corpo, aiutati da uno stupefacente progresso della scienze biologiche e biomediche. Cerchiamo così di allungare il tempo della nostra vita e certamente non è cosa in sé sbagliata. Ma la domanda su che cosa sarà di noi dopo la morte non può essere eliminata da nessun progresso nella cura della salute. Si tratta di una domanda che ci si impone e che non possiamo ignorare: essa ci pone di fronte al mistero non soltanto della morte, ma soprattutto a quello del Dio della vita e ci fa comprendere che non basta la cura del corpo, se dimentichiamo la cura della dimensione spirituale della nostra vita.
Se ci prendiamo cura solo del corpo che è destinato a perire, e tutto ciò che è materiale ha tale destino, siamo ben miseri, perché significa che ci precludiamo il futuro che vorremmo costruire. La festa dell’Assunta ci ricorda che dobbiamo costruire per la vita che non perisce, usare dei beni che periscono per costruire ciò che dura per la vita eterna. Se ci aggrappiamo soltanto ai beni materiali, siamo come i naufraghi che pensano di salvarsi aggrappandosi a ciò che non è in grado di galleggiare e, quindi, di salvare la vita.
I salvangente materiali non bastano per la vita eterna; solo ciò che doniamo per amore di Dio ci dischiude le porte della vita che non avrà mai fine. Maria ha fatto esattamente questo. Ha donato tutta se stessa e tutta la sua vita al servizio del Figlio di Dio, ma, come ci ha ricordato il Vangelo, è corsa in aiuto a chi era nel bisogno, ad Elisabetta che nella sua vecchiaia aspettava un bambino. Per questo Dio ha potuto compiere in Lei grandi cose e le ha donato in cambio la vita che non avrà mai fine.
Imitiamo Maria, seguiamo gli insegnamenti della madre e con Lei potremo godere anche noi della felicità eterna in Paradiso.