Non si può ridurre l’evangelizzazione “a una funzione” o al fare proselitismo. È il monito del Papa, che nell’omelia della Messa a Santa Marta ha ribadito che “evangelizzare non è fare proselitismo. Cioè né fare la passeggiata, né ridurre il Vangelo a una funzione né fare proselitismo: questo non è evangelizzare”.
Annunciare il Vangelo, ha proseguito, non può essere un vanto, ma – come ci esorta san Paolo – “un obbligo”. Lo “stile” dell’evangelizzazione, secondo Francesco, “è farsi tutto a tutti”, mettersi nella condizione dell’altro: “Se lui è ammalato, avvicinarmi, non ingombrarlo con argomenti”, “essere vicino, assisterlo, aiutarlo”. Durante il pranzo con i giovani alla Gmg di Cracovia, ha ricordato Francesco, un ragazzo gli ha chiesto cosa dovesse dire a un suo caro amico ateo: “È una bella domanda! Tutti noi conosciamo gente allontanata dalla Chiesa: cosa dobbiamo dire loro? E io ho risposto: ‘Senti, l’ultima cosa che devi fare è dire qualcosa! Incomincia a fare e lui vedrà cosa tu fai e ti domanderà; e quando lui ti domanderà, tu dì: evangelizzare è dare questa testimonianza”.
Francesco ha citato la figura di san Pietro Claver, di cui ricorre oggi la memoria. Un missionario, ha annotato, che “se ne è andato ad annunciare il Vangelo”. Forse, ha commentato, “lui pensava che il suo futuro sarebbe stato predicare: nel suo futuro il Signore gli ha chiesto di essere vicino, accanto agli scartati di quel tempo, agli schiavi, ai negri, che arrivavano lì, dall’Africa, per essere venduti. E quest’uomo non ha fatto la passeggiata, dicendo che evangelizzava; non ha ridotto l’evangelizzazione a un funzionalismo e neppure ad un proselitismo: ha annunciato Gesù Cristo con i gesti, parlando agli schiavi, vivendo con loro, vivendo come loro! E come lui nella Chiesa ce ne sono tanti! Dare gratis quello che Dio gratis ha dato a me: questo è evangelizzare”.
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