Ogni giorno i conflitti e le persecuzioni costringono quasi 34.000 persone nel mondo – 24 persone al minuto – a fuggire dalle loro case per cercare rifugio altrove. Una popolazione “tra le più giovani e con il tasso di crescita demografica più alto al mondo, ma in fondo alla classifica globale per il tasso di frequenza scolastica e con un livello allarmante di mortalità infantile per cause prevenibili, come la polmonite”: sarebbero questi gli indicatori chiave dell’ipotetico Paese “creato” da Save the Children immaginando di raggruppare tutti i rifugiati del mondo in un unico Paese, che sarebbe 21° al mondo per numero di abitanti, davanti a nazioni come l’Italia e il Regno Unito. E’ quanto emerge dal nuovo rapporto “Forced to Flee: Inside the 21st Largest Country” diffuso ieri.
“Una popolazione di queste dimensioni non può essere semplicemente ignorata”, ha dichiarato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia. Uno dei dati più allarmanti è la velocità a cui la popolazione del 21° Paese sta crescendo. Il numero di persone rifugiate e sfollate è passato da 59,5 milioni nel 2014 a 65,3 milioni nel 2015 : un aumento annuo del 9,75%, superiore a qualsiasi altro Paese al mondo. Al ritmo attuale, potrebbe diventare il quinto Paese entro il 2030. L’età media è tra le più basse in assoluto, con metà della popolazione che ha meno di 18 anni. In Europa, nel solo 2015, 96.000 minori non accompagnati hanno presentato richiesta d’asilo; il 40% di loro erano minori afghani, che avevano dovuto affrontare da soli un viaggio di 48.000 km.
Il rapporto evidenzia come il 21° Paese sarebbe ultimo a livello globale per l’accesso alla scuola secondaria e quart’ultimo per quello della scuola primaria (con il 50% di bambini esclusi, davanti solo a Liberia, al 62%, Sud Sudan ed Eritrea, entrambi al 59%). Troppi bambini nel 21° Paese muoiono a causa di malattie infettive prevenibili e problemi di salute neonatale. Le principali cause di morte tra i bambini rifugiati sotto i cinque anni sono malaria (20%), polmonite (20%), morte neonatale (11%), malnutrizione (10%) e diarrea (7%). Questi bambini sono esposti a un altissimo rischio di contrarre infezioni, anche a causa delle condizioni abitative e igieniche precarie in cui vivono. A destare preoccupazione sono anche le pratiche dannose sui minori, come quella dei matrimoni precoci: anche se non esistono dati globali uno studio sui rifugiati giordani in Siria rivela però che sono passati dal 12% del 2015 al 32% del 2014: un allarmante aumento del 167% in soli tre anni. Le persone sfollate hanno spesso difficoltà oggettive nel trovare lavoro, sia per mancanza di opportunità che per l’assenza di politiche per lavorare in modo legale nel Paese che li ospita. Mentre è in corso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Save the Children chiede a tutti i Paesi “di intervenire con urgenza, impegnandosi concretamente per la difesa dei diritti dei bambini vulnerabili in fuga da violenze e persecuzioni”.