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Papa: “Perché non dovremmo perdonare? Siamo forse più grandi di Dio?”

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Zenit di Luca Marcolivio

L’udienza generale di ieri mattina ha portato papa Francesco al cuore di questo Giubileo. Il tema dell’Anno Santo Misericordiosi come il Padre, “non è uno slogan ad effetto” ma “un impegno di vita”, ha spiegato ai fedeli giunti numerosi in piazza San Pietro, nonostante la fitta pioggia delle ore precedenti.

La misericordia del Padre, ha aggiunto, va confrontata con un’altra connotazione del Padre stesso; Gesù dice: “siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48)”. È una perfezione che risiede “nell’amore, compimento di tutti i precetti della Legge”.

Ciò non significa, ha puntualizzato il Pontefice, che essere misericordiosi significhi essere buoni o perfetti ma che “la bontà e la perfezione si radicano sulla misericordia”. Dio è senza dubbio “perfetto” ma è soltanto avendolo “dinanzi agli occhi come misericordioso”, che possiamo “comprendere meglio in che cosa consiste la sua perfezione” e sentirci spronati “ad essere come Lui pieni di amore, di compassione e di misericordia”.

È davvero possibile, ha tuttavia domandato il Papa, “amare come ama Dio ed essere misericordiosi come Lui?”. Tutta la “storia della salvezza” mostra un “incessante e instancabile amore per gli uomini” da parte di Dio, che è “come un padre e come una madre che ama di insondabile amore e lo riversa con abbondanza su ogni creatura”.

Culmine di questa “storia d’amore di Dio con l’uomo” è la morte di Gesù in croce, dinnanzi alla quale “il nostro amore sarà sempre in difetto”. E tuttavia, “quando Gesù ci chiede di essere misericordiosi come il Padre, non pensa alla quantità”. Nei secoli milioni di cristiani sono stati chiamati a diventare “testimoni di misericordia” e tanti di loro hanno “dato corpo all’amore del Signore riversandolo nelle molteplici necessità dell’umanità sofferente”.

La misericordia, ha ricordato il Santo Padre, si manifesta principalmente in due azioni: “perdonare” (v.37) e “donare” (v.38).

Quando Gesù perdona non significa che intende “sovvertire il corso della giustizia umana”, Egli vuole ricordare ai discepoli che “per avere rapporti fraterni bisogna sospendere i giudizi e le condanne”. Il perdono è dunque il “pilastro che regge la vita della comunità cristiana”, anche perché “in esso si mostra la gratuità dell’amore con cui Dio ci ha amati per primo”. Inoltre, “se Dio ha perdonato noi, come non possiamo noi perdonare? Siamo forse più grandi di Dio?”, ha osservato il Pontefice.

“Giudicare e condannare il fratello che pecca è sbagliato – ha spiegato -. Non perché non si voglia riconoscere il peccato, ma perché condannare il peccatore spezza il legame di fraternità con lui e disprezza la misericordia di Dio, che invece non vuole rinunciare a nessuno dei suoi figli”.

Nessuno di noi è “al di sopra” del “fratello che sbaglia”, anzi, abbiamo “il dovere di recuperarlo alla dignità di figlio del Padre e di accompagnarlo nel suo cammino di conversione”.

Il secondo pilastro è dunque quello del “donare”, poiché “Dio dona ben al di là dei nostri meriti, ma sarà ancora più generoso con quanti qui in terra saranno stati generosi”. C’è quindi una “logica coerente”, per la quale “nella misura in cui si riceve da Dio, si dona al fratello, e nella misura in cui si dona al fratello, si riceve da Dio”.

Se si praticano il perdono e il dono, quindi, “il cuore si allarga nell’amore”, mentre “l’egoismo, la rabbia crea un cuore piccolo e duro come una pietra”. Rivolto ai fedeli, Francesco ha domandato: “cosa preferite voi, un cuore di pietra?”. Ricevuto un prevedibile coro di “no”, ha poi concluso: “Se quindi preferite un cuore pieno d’amore siate misericordiosi!”.