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San Vincenzo de’ Paoli: la carità ha un inizio ma non una fine

Zenit di Osvaldo Rinaldi

La Chiesa annovera tra le sue schiere tanti Santi della misericordia, che hanno rinnovato la Chiesa e trasformato la società civile attraverso la carità cristiana, la quale raggiunge indistintamente tutti gli uomini a partire dagli esclusi e dagli scartati. Vincenzo de Paoli (1581-1660) è uno di questi Santi della carità che ha speso tutta la sua esistenza per portare l’amore di Dio laddove regnava solitudine, miseria ed abbandono.

Da parroco di campagna apprese dolorosamente la diffusione delle dure condizioni di vita dei contadini. Il loro essere abbandonati davanti alla povertà, alla malattia e alla vecchiaia lo condussero a coinvolgere i suoi parrocchiani nel servizio verso i più bisognosi. Così nacque il primo gruppo da lui formato che prese il nome di “Serve dei poveri”. Vincenzo de’ Paoli si accorse che i contadini non erano l’unica categoria di persone bisognose, ma che, nella stessa città di Parigi, esistevano tante sacche di povertà materiale e spirituale. Allora decise di estendere il suo raggio di azione istituendo le “Dame della Carità” che vide la partecipazione anche di nobildonne, che contribuirono con i loro beni alle opere di carità, tra cui a costruzione di un ospedale, l’Hotel Dieu.

Poiché la carità è autentica e duratura quando è legata alla predicazione evangelica, de’ Paoli istituì i “Preti della missione o Lazzaristi” per invitare la gente al pentimento e alla conversione attraverso una predicazione fedele al Vangelo e vicina ai problemi concreti delle persone. Nacque così la Congregazione della Missione, dove i preti dovevano fare una vita in comune, rinunziare alle cariche ecclesiastiche, predicare nelle campagne ed insegnare catechismo nelle parrocchie.

Vincenzo de’ Paoli ebbe l’intuizione della necessità di curare la formazione del clero attraverso la pratica degli esercizi spirituali ed impegnando i suoi sacerdoti nelle missioni estere, soprattutto nell’assistenza verso gli schiavi d’Africa. Per favorire una maggiore comunione nel clero, invitava i sacerdoti a riunirsi settimanalmente, per aiutarsi a vicenda nella vita pastorale.

Così un gruppo di ecclesiastici iniziò a riunirsi il martedì, dando vita alle “Conferenze del martedì”. I preti della Missione furono da subito apprezzati, sia dalla Chiesa francese per la formazione dei seminaristi, sia dalle istituzioni statali. Un esempio eloquente di questa considerazione da parte dello Stato francese fu la richiesta del re Luigi XIII di avere accanto a sé Vincenzo de’ Paoli negli ultimi momenti della sua vita, per ricevere quel conforto spirituale e così potersi preparare degnamente all’incontro definitivo con il Signore.

Continuando a parlare della stima di de’ Paoli da parte del governo francese, la reggente Anna d’Austria gli conferì l’ufficio di Ministro della Carità, per organizzare un aiuto ai poveri in tutto il territorio francese. Il suo incarico lo portò a gestire enormi somme di denaro, che furono messe a servizio del bene comune con trasparenza ed efficacia.

L’ordine femminile era formato da donne laiche che dedicavano il loro tempo e le loro energie al servizio della carità, ma alcune di loro iniziavano a manifestare il desiderio di consacrarsi totalmente a Dio. Nacque così una nuova Congregazione che prese il nome di “Figlie della Carità”. Con l’intento di lasciare libere le suore e di poter offrire totalmente il loro servizio per amore a Cristo e alla Chiesa, Vincenzo de’ Paoli decise che i voti andassero rinnovati annualmente. Il raggio di azione del loro operato coinvolgeva tutti gli esclusi della società. Ancora oggi le Figlie della Carità sono una delle Famiglie religiose femminili più numerose della Chiesa.

Vincenzo de’ Paoli ha respinto con forza la teoria del vescovo olandese Giansenio (1585-1638), il quale affermava che la grazia fosse un dono che Dio concede solo ad alcuni prescelti, sulla base di un imperscrutabile disegno. L’opera di Vincenzo de’ Paoli e quella degli aderenti alle sue congregazioni si opposero nettamente contro questa eresia.

Quale eredità lascia la vita di Vincenzo de’ Paoli alla Chiesa? Questo santo ha compreso la necessità di coinvolgere i laici, le persone consacrate ed i sacerdoti nell’opera di carità che richiede l’impegno di tutti. Fondare un ordine religioso è un atto di carità perché rende protagonisti coloro che cercano uno spazio per esprimersi, estende il suo operato nel tempo e raggiunge i dimenticati della società.

La Chiesa, oggi più che mai, ha la missione di contribuire all’unità tra tutti gli uomini attraverso il servizio della carità. Il tempo che viviamo offre possibilità di essere strumenti di carità. L’esodo dei migranti, dei profughi e di coloro che cercano di ricominciare una vita a causa della guerra e della violenza, della persecuzione politica e religiosa, delle calamità naturali e dai disastri ecologici, sono l’occasione propizia per lasciarsi coinvolgere in progetti di accoglienza, donando il tempo e le risorse a propria disposizione. La nostra cara Europa che ha rifiutato le radici cristiane, che sono state il fondamento del suo sviluppo, adesso si trova alle porte delle sue nazioni lo stesso Cristo che vuole essere accolto. Gesù Cristo, che viene a visitarci nella persona del povero, invita ogni cristiano ad aprire le porte di quelle case per fare entrare coloro che hanno ricevuto una disgrazia, ma sono destinatari di quella grazia di Dio che passa dalla libertà e dalla pietà umana.

Vincenzo de’ Paoli ha combatto l’eresia giansenista perché ha avuto la certezza che la grazia di Dio può arrivare a tutti gli uomini attraverso l’annunzio del Vangelo, l’accoglienza dei profughi, la visita e la cura dei malati. Noi ci dimentichiamo che abbiamo ricevuto la grazia della fede, la grazia di avere una famiglia, la grazia di avere una casa, la grazia di poter essere curati, la grazia di educare i figli, la grazia di un lavoro. Tutte queste grazie non le abbiamo ricevute da Dio solo per noi stessi, ma per condividerle con coloro che bussano alle nostre porte. Se per Vincenzo de Paoli il prossimo sofferente erano i contadini, i poveri che vivono alle periferie delle grandi città, i prigionieri cristiani imprigionati dai turchi musulmani, oggi abbiamo davanti agli occhi la tragedia umana dell’abbandono degli anziani, la crisi della famiglia, la crescita della povertà, il terrorismo incontrollato, le guerre sparse in tanti nazioni del pianeta, i cambiamenti ecologici del pianeta.

La carità di Vincenzo de Paoli ha avuto la sua radice da un amore indiviso con Gesù Cristo. La cura della fede è il primo atto di carità che ogni cristiano è chiamato a compiere verso sé stesso, perché prepara il terreno alla crescita e alla maturazione di quei frutti che il mondo aspetta. La prima eresia che oggi i cristiani sono chiamati a combattere è proprio quella della coerenza della propria fede, che può rivestire la povertà altrui solo se indossa quella umiltà, quella dolcezza, quella mitezza, quella bontà e quella comprensione che sono il sale della vita e la luce di un mondo che aspetta con impazienza la rivelazione dell’autentica testimonianza cristiana.

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