Nei discorsi a braccio, com’è noto, papa Francesco dà sempre il suo meglio, anche quando ripete concetti e principi già formulati molte altre volte in precedenza. L’incontro con il clero, i religiosi, i seminaristi e i laici della chiesa georgiana, non ha fatto eccezione.
Ascoltando attentamente le testimonianze che l’hanno preceduto, Bergoglio ha quindi offerto alcuni spunti in grado di rendere la fede più salda e, assieme ad essa, le vocazioni, siano esse al sacerdozio, alla vita consacrata e al matrimonio.
La visita pastorale in corso ha in primo luogo stimolato nel Papa un ricordo legato a un altro viaggio apostolico, quello nella non lontana Armenia, alla fine dello scorso giugno. In quell’occasione, Francesco aveva incontrato una signora sugli ottant’anni, della quale aveva notato un “dente d’oro”.
La “molto umile” ma tenace vecchietta aveva affrontato un viaggio di otto ore in pullman dalla Georgia, solo per incontrare il Vescovo di Roma. Vistosi salutato “con tanto amore”, il Pontefice le aveva domandato cosa l’avesse spinta ad un’impresa così faticosa per la sua età. “È la fede”, gli aveva risposto lei.
Per il Santo Padre questo incontro è stato la testimonianza di cosa significhi essere “saldi nella fede”, ovvero avere la “capacità di ricevere la fede, trasmetterla e conservarla”. Quell’anziana donna era giunta in un paese straniero perché “credeva che Gesù Cristo aveva lasciato Pietro sulla terra e lei voleva vedere Pietro…”, ha commentato il Papa.
“Una pianta senza radici con cresce. Una fede senza radici della mamma e della nonna non cresce”, ha aggiunto Francesco, sottolineando quanto la fede vada primariamente tramandata dai genitori ai figli, dai più anziani ai più giovani, altrimenti “non cresce”.
Rivolto al seminarista che poco prima aveva raccontato della sua vocazione, confidata gioiosamente alla propria madre, Francesco ha rimarcato: “Anche all’inizio di una vocazione ci sono sempre una mamma o una nonna”.
Può capitare, ha poi osservato, che un sacerdote o un religioso possano vedere la loro vocazione andare in crisi: l’antidoto, allora, è “conservare la memoria della prima chiamata” di Dio, che “non è una favola” ma avviene “per grazia dello Spirito Santo”.
“La perseveranza nella vocazione è radicata nella memoria di quella carezza che il Signore ci ha fatto, dicendoci: ‘vieni con Me’”, ha proseguito il Santo Padre, dando poi un consiglio ai consacrati: “Non tornate indietro quando ci sono difficoltà”, salvo mantenere “la memoria di quel momento” della chiamata di Dio. Tutto ciò ricordando sempre che “la misericordia di Dio è più grande dei nostri peccati”.
Rispondendo alla signora Irina, che le aveva parlato della pastorale familiare, con tutte le difficoltà che questa comporta, il Pontefice ha ribadito che “il matrimonio è la cosa più bella che Dio ha creato”, con “l’uomo e la donna che si fanno una sola carne a immagine di Dio”.
Spesso però, il vincolo sacramentale del matrimonio è minacciato dalla cultura del divorzio: “lui si cerca un’altra, lei un altro e ricominciamo di nuovo…”. Quella carne, allora, si spezza e “si sporca l’immagine di Dio”. A farne le spese sono i due coniugi ma, più di loro, i “bambini” e, in definitiva, anche Dio. “Si deve fare di tutto per salvare un matrimonio”, ha ammonito il Papa.
Bergoglio ha quindi rispolverato uno dei suoi cavalli di battaglia: “È normale che nel matrimonio si litighi. Succede, a volte volano i piatti ma se è vero amore si fa pace subito. Il mio consiglio è: litigate tutto quello che volete. Ma non finite la giornata senza fare la pace. Altrimenti la ‘guerra fredda’ del giorno dopo è pericolosissima…”.
Per fare pace tra coniugi, ha puntualizzato, non serve un grande “discorso”, basta anche “una carezza”. E se giunge la tentazione di tradire per una “donna più bella” o per un “uomo più bravo”, è fondamentale “chiedere subito aiuto”. Anche non dimenticare mai le tre parole chiave “permesso”, “grazie” e “scusa” consente al matrimonio di “andare avanti bene”.
A livello sociale ed educativo, ha raccomandato ancora il Santo Padre, la famiglia va difesa dalla “colonizzazione ideologica” dell’attuale “grande nemico”: la teoria del gender che, in questi anni, sta scatenando una “guerra mondiale” contro il matrimonio.
Da tutte le “turbolenze spirituali”, ha sintetizzato Francesco, ci si difende rifugiandosi “sotto il manto della Santa Madre di Dio”. Sia Maria che la Chiesa sono le “donne” che Gesù ha voluto, in quanto “pare che il Signore abbia una preferenza per le donne nel trasmettere le fede”, ha detto ricollegandosi a quanto detto all’inizio del suo discorso.
Un ultimo passaggio, il Papa lo ha dedicato all’ecumenismo, il cui più grosso nemico è il “proselitismo”. Ai cattolici georgiani ha raccomandato di pretendere di “convertire” i loro connazionali ortodossi e di lasciare le questioni dogmatiche ai “teologi”. Con gli ortodossi è invece opportuno coltivare la “amicizia”, “camminare insieme, pregare gli uni per gli altri, fare opere di carità insieme; mai evitare di salutare un fratello perché è ortodosso”, ha ammonito Francesco.
In conclusione prima di invitare alla recita dell’Ave Maria, il Pontefice, rivolto in particolare ai sacerdoti, ha detto: “Chiediamo questa grazia tutti insieme: Dio ci liberi dalla mondanità. Ci faccia uomini saldi nella fede ricevuta dalla nonna e dalla mamma”.